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Jean Louis Ska "Salmo 139. Gli occhi di Dio scrutano i nostri cuori"

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Piano di lavoro 2024/25

Salmo 139. Gli occhi di Dio scrutano i nostri cuori

Il Salmo 139 (cf Sal 11,4), nonostante le difficoltà di traduzione e di linguaggio, è una delle gemme del salterio. In un dialogo intenso con il suo Dio, il salmista esprime l’essenziale della fede d’Israele nell’onnipresenza, l’onniscienza e onnipotenza divina, soprattutto nella prima parte (vv 1-18). Si insiste sull’onniveggenza divina capace di conoscere anche i più intimi segreti dei cuori. Secondo il vocabolario biblico, Dio “scruta i reni e i cuori” (Ger 11,20; 17,10). Nella Bibbia, i reni sono la sede delle emozioni e dei sentimenti più profondi, della vita affettiva, e, oggi, diremmo che i reni corrispondono al subconscio. Il cuore, invece, è la sede dell’intelligenza, della ragione e della facoltà di decidere. Il Dio biblico riesce, quindi, a penetrare nella coscienza umana, però anche nelle profondità del subconscio e dell’inconscio, se possiamo usare un vocabolario molto moderno. 
Una tale convinzione potrebbe generare un certo sentimento di insicurezza e di timore. Il Dio che conosce può anche essere un Dio che giudica: 

Il cuore è ingannevole più di ogni altra cosa, e insanabilmente maligno; chi potrà conoscerlo? 10 «Io, il Signore, che investigo il cuore, che metto alla prova le reni, per retribuire ciascuno secondo le sue vie, secondo il frutto delle sue azioni».

Il Salmo 139, invece, cerca di ripensare l’immagine del Dio giudice per generare piuttosto un sentimento di fiducia nell’agire divino. Aggiungiamo che il salmo usa un linguaggio poetico piuttosto che un linguaggio astratto. Abbiamo un poema, non un trattato di teologia. Al rigore asciutto del teologo si sostituisce la ricchezza evocativa delle metafore.

1. Breve commentario del Salmo

Vi sono chiaramente due parti nel salmo. Nella prima (vv 1-18), il salmista dialoga con il suo Dio e medita sul mistero dell’onniscienza divina. Nella seconda (vv 19-24), troviamo una delle numerose proteste di innocenza sotto forma di preghiera, con invocazioni contro i “nemici”. Nella prima parte raggiungiamo forse alcuni dei vertici della spiritualità veterotestamentaria, mentre la seconda testimonia la mentalità tradizionale di molti salmi nelle imprecazioni contro i nemici, non sempre ben definiti e con accuse molto generiche.

1.1. L’onnipresenza e l’onniveggenza divina (Sal 139,1-18)

Nella prima parte (vv 1-18), possiamo distinguere diversi momenti di riflessione. Una prima sezione (vv 1-6) medita sull’onniscienza divina in una serie di espressioni polari, un tipico tratto di stile ebraico. In un linguaggio più tecnico, si parla di “merismi”, vale a dire di un modo di designare una totalità a partire da due elementi opposti. Un esempio semplice si trova nel primo versetto della Bibbia: “All’inizio, Dio creò il cielo e la terra”, secondo la traduzione abituale, che vuole dire: “Dio creò tutto l’universo”. In altre parole, invece di dire “la totalità dell’universo”, si parla di due elementi opposti, il cielo e la terra In Gn 2,9, Dio pianta in mezzo al giardino “L’albero della conoscenza del bene e del male”, altra espressione polare per designare una totalità: “tutto ciò che si deve sapere”.
I vv 2-3 contengono le prime espressioni polari: “quando mi siedo e quando mi alzo” e “il mio cammino e il mio riposo”, vale a dire: “tutti i miei movimenti”. Il salmo aggiunge tuttavia una spiegazione: “intendi da lontano tutti i miei pensieri” e “ti sono note tutte le mie vie”. Il v 5 aggiunge una sfumatura importante alla costatazione che niente possa sfuggire alla conoscenza divina: “alle spalle e di fronte mi circondi e poni su di me la tua mano”. Alle spalle e di fronte è un’altra formula polare per dire: mi circondi da tutte le parti Però, qual è lo scopo dell’azione divina? 
Porre la mano significa “proteggere”, “custodire”, “soccorrere” (cf Sal 63,9). Dio veglia sul suo fedele per difenderlo da tutti i pericoli, non proprio per sorvegliarlo e giudicarlo. Il v 6 conclude la prima sezione con un grido di ammirazione e non di timore, il che rafforza l’idea espressa dal v 5: l’onniveggenza divina non è da temere perché Dio agisce in favore del fedele.
Una seconda sezione (vv 6-12) risponde alla domanda iniziale del v 7: “Dove andare lontano dal tuo spirito? Dove fuggire dalla tua presenza?”. Anche in questa sezione, il salmista usa diverse formule polari: il cielo in alto e gli inferi in basso sono due estremità dell’universo nella sua dimensione verticale (v 8); l’aurora corrisponde all’oriente e il mare all’occidente, quindi corrispondono alla dimensione orizzontale del mondo (v 9). Il v 10 corrisponde al v 5 per riaffermare l’aspetto positivo dell’onnipresenza divina: “anche là mi guiderebbe la tua mano e mi prenderebbe la tua destra”. La “destra” di Dio simboleggia la sua potenza (Sal 89,14), capace di sconfiggere i nemici (Es 15,6; Sal 21,9; 44,4; si vedano anche Sal 48,11) e di salvare i suoi fedeli (Sal 60,7; 63,9; 80,1618; 108,7; 138,7; 139,10; Is 41,13).
Un solo testo basterà a illustrare l’idea: “Se cammino in mezzo al pericolo, tu mi ridoni vita; contro la collera dei miei avversari stendi la tua mano e la tua destra mi salva” (Sal 138,7).
Un breve segmento aggiunge un elemento di risposta alla domanda iniziale del v 7: Dio non è solo presente in tutto l’universo, è anche presente nella notte (vv 11-12). Orbene, nella Scrittura, la notte è simbolo non solo di oscurità, bensì anche del mondo della morte, un pensiero presente in molti testi. Il libro di Giobbe è forse il più esplicito in merito quando il suo protagonista maledice – a causa della sua intollerabile sofferenza – la notte del suo concepimento e il giorno della sua nascita: 

«Perisca il giorno in cui nacqui e la notte in cui si disse: “È stato concepito un maschio!” 4  Quel giorno divenga tenebra, non se ne curi Dio dall’alto, né brilli mai su di esso la luce. 5 Lo rivendichino la tenebra e l’ombra della morte, gli si stenda sopra una nube e lo renda spaventoso l’oscurarsi del giorno!» (Gb 3,3-5).

O ancora quando Giobbe esprime il desiderio di morire:

18 Perché tu [o Dio] mi hai tratto dal seno materno? Sarei morto e nessun occhio mi avrebbe mai visto! 19 Sarei come uno che non è mai esistito; dal ventre sarei stato portato alla tomba! 20 Non sono poca cosa i miei giorni? Lasciami, che io possa respirare un poco 21 prima che me ne vada, senza ritorno, verso la terra delle tenebre e dell’ombra di morte, 22 terra di oscurità e di disordine, dove la luce è come le tenebre (Gb 11,18-22).

Nel Salmo 139, le immagini negative di Giobbe sono capovolte: “nemmeno le tenebre per te sono tenebre e la notte è luminosa come il giorno; per te le tenebre sono come luce” (Sal 139,12). Si tratta di un’affermazione sorprendente, anche se non possiamo sempre interpretare le immagini con certezza: per il salmista, Dio è anche presente nel mondo delle tenebre, vale a dire nel mondo della morte. Il Salmo 139 anticipa, in qualche modo, le asserzioni di Paolo nella Lettera ai Romani: 

38 Io sono infatti persuaso che né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, 39 né potenze, né altezza né profondità, né alcun’altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio, in Cristo Gesù, nostro Signore.

Per il salmista, la morte non è un ostacolo all’onniveggenza divina, così come per Paolo, la morte non potrà separarci dall’amore di Dio rivelato in Cristo Gesù.

La sezione seguente (vv 13-18) introduce una riflessione sul mistero della nascita, forse suggerito dall’immagine della notte. Per il salmista, Dio è presente sin dai primi istanti della sua esistenza nel grembo materno e conosce tutti i giorni della sua vita. Un altro testo di Giobbe esplicita bene la riflessione del Salmo 139:

Ricòrdati [o Dio] che, come argilla, mi hai plasmato; alla polvere vorresti farmi tornare? 10 Non mi hai colato come latte e fatto cagliare come formaggio? 11 Di pelle e di carne mi hai rivestito, di ossa e di nervi mi hai intessuto. 12 Vita e benevolenza tu mi hai concesso e la tua premura ha custodito il mio spirito (Gb 10,9-12)

Giobbe chiede a Dio, in seguito, perché egli, dopo tanta premura, si accanisce contro un povero essere umano e lo fa soffrire senza sosta. Sembra essere, a prima vista, e sfoggia in gratitudine (v 14), stupore e ammirazione (v 17, cf v 6) davanti 
all’incommensurabilità della presenza divina. Il v 18 conclude la sezione con un’ultima nota di fiducia. Il salmista ammette di non riuscire a “contare” i pensieri divini, vale a dire a misurare l’infinita realtà divina: “Mi risveglio e sono ancora con te” (v 18b). Si può interpretare il versetto in diversi modi. Oppure il salmista si addormenta mentre stava provando a “contare” e, quando si sveglia, rimane ancora molto da fare. Oppure riprende l’idea che Dio è presente in ogni momento della sua esistenza, di notte e di giorno, idea presente anche nel Sal 3,6: “Io mi corico, mi addormento e mi risveglio: il Signore mi sostiene”. Insomma, dopo aver scrutato il mistero dell’onnipresenza divina nell’universo, nelle sue dimensioni più estese così come nell’intimo del proprio essere, il salmista confessa di essere in tutti i modi legato, indissolubilmente, al suo Dio. Potremmo citare, in merito, una frase di sant’Agostino per cui Dio è “interior intimo meo et superior summo meo” “[Dio è] per me più interiore della mia parte più intima e più alto della mia parte più alta”, “[Dio è] più profondo dell’intimo del mio cuore e più alto del mio pensiero più elevato” (Le Confessioni, III,6,11).

1.2. La preghiera per la protezione divina (Sal 139,19-24)

Ritroviamo in questa seconda parte, forse aggiunta come appendice, un linguaggio più tradizionale, innanzitutto nelle invocazioni contro i nemici che sono, in questo caso, nemici di Dio in persona. Non sono ben definiti tranne che si parla di “uomini di sangue”, “uomini sanguinari” (v 19), vale a dire criminali o assassini, e di “parole ingannevoli contro Dio” (v 20). Per questo motivo, il salmista li considera anche come i propri nemici: “Li odio con odio implacabile, li considero miei nemici” (v 22). Non è sempre facile pregare le imprecazioni dei salmi di questo tipo. Non si distingue ancora chiaramente fra il peccato e il peccatore, come nella teologia cristiana più recente. Possiamo vedere, nelle espressioni molti forti di odio contro i “nemici”, una volontà di aderire intimamente a Dio e di cancellare il male sotto tutte le sue forme. Spetta a noi tradurre il linguaggio del salmo in un linguaggio più accettabile. Non troviamo nel salmo, ovviamente, alcuna eco alla spiritualità delle beatitudini né alcuna menzione dell’amore dei nemici (Mt 5,38-48; Lc 6,27-49). Non possiamo trovare in ogni parte della Scrittura una formulazione perfetta di ogni elemento della rivelazione.
L’ultima parte del salmo riprende le espressioni dell’inizio (v 1-2) sotto forma di supplica: 

23 Scrutami, o Dio, e conosci il mio cuore, provami e conosci i miei pensieri;
24 vedi se percorro una via di dolore e guidami per una via di eternità.

Il salmista, pertanto, si riconcilia pienamente con l’onnipresenza divina, fuga ogni dubbio e caccia ogni traccia di timore per chiedere a Dio di penetrare nell’intimo del suo cuore perché è convinto che la presenza di Dio sarà benefica. Le ultime parole sono chiare: il salmista chiede a Dio di condurlo su una “via di eternità”. Forse il salmista non pensa ancora alla “vita eterna”, però si augura di poter camminare, secondo un’altra traduzione, su una “via eterna”, una via sicura, perenne, che non inganna

2. Qualche spunto per la meditazione

Il salmo è molto denso e, forse, vi sono molti modi di approfondire le tematiche e di appropriarsi l’essenziale dei pensieri, soprattutto della prima parte (vv 1-18).
Potremmo chiederci dove possiamo individuare, ancora oggi, in un mondo secolarizzato, la presenza di Dio. Quali sono le esperienze che dirigono le nostre coscienze verso l’alto, verso un mondo diverso dal nostro? Quali sono i momenti in cui pensiamo che il mondo della nostra esperienza quotidiana nasconda una dimensione diversa, una dimensione infinita? Scopriamo ogni tanto, nella nostra vita, un’aspirazione all’infinito? Possiamo dire, con il poeta francese Arthur Rimbaud, “la vera vita è altrove”?
La nostra immagine abituale di Dio è quella di un giudice? Ci ispira fiducia o timore? Perché? 
Come sviluppare la fiducia in Dio nella vita quotidiana? 
Il Dio di Cristo Gesù corrisponde all’immagine di Dio presente nel Salmo 139? 
Vi sono differenze? Quali? Che cosa aggiunge il Nuovo Testamento all’immagine di Dio del Salmo 139?
Come pregare oggi le invocazioni contro i nemici di Dio? Si veda quello che dice san Paolo nella Prima Lettera ai Corinzi, “25 È necessario, infatti, che [Cristo risorto] regni finché non abbia posto tutti i nemici sotto i suoi piedi. 26 L’ultimo nemico a essere annientato sarà la morte […] (1Co 15,25-26).

3. Conclusione

Il Salmo 139 ci propone due aspetti della preghiera veterotestamentaria. Da una parte, una profonda meditazione sul mistero divino e la sua infinita attenzione al benessere del suo fedele e, dall’altra, una serie di invocazioni poco “evangeliche” contro i nemici di Dio. Si parla di sterminio, e non di conversione. Occorre annientare i malvagi piuttosto che sradicare la malvagità. I due aspetti sono spesso correlati senza grande sforzo per conciliarli. È nostro compito provare a tracciare una via fra tutte le formule dei salmi per approfondire la nostra fede e trovare formule adeguate che corrispondono meglio allo spirito del vangelo.

Breve conclusione generale

Il salterio è uno dei libri biblici più ricchi di spiritualità e di teologia. D’altronde, contiene anche pagine problematiche, ad esempio nelle imprecazioni contro i nemici o nelle dichiarazioni di innocenza. Sono, pertanto, da leggere e da pregare con un certo senso critico. Occorre sapere interpretare e tradurre i testi più delicati in un linguaggio più moderno e più adatto alla spiritualità del vangelo. La lettura, la meditazione e la preghiera dei salmi richiede un certo discernimento, così come gran parte della Bibbia. Non possiamo riprendere alla lettera o appropriarci senza alcuna esitazione il linguaggio di testi scritti più di venticinque secoli fa. Sono testi sacri, fanno parte della Parola di Dio, però la Parola di Dio non è mai rinchiusa in un solo testo. Ogni testo deve essere interpretato all’interno di tutta Scrittura. Nella Bibbia, ogni testo è segnato dal suo contesto storico, e vi è stata una evoluzione lì come altrove. È essenziale poter leggere la Bibbia alla luce della rivelazione piena e ultima che deriva dal vangelo. È anche essenziale capire che i testi fanno parte di un movimento, di una ricerca di verità, e che sono collocati lungo una lunga linea di tentativi di cogliere ed esprimere meglio gli elementi fondamentali della fede, prima di un popolo, poi della prima comunità cristiana.  


Breve bibliografia sui Salmi 

Alonso-Schökel, Luis – Cecilia Carniti, I Salmi. Edizione italiana a cura di Antonio Nepi. 2 vol. (Commenti biblici; Roma: Borla, 1992-1993). 

Lancellotti, Angelo, I Salmi. Versione - introduzione – note. 3 vol. (Nuovissima versione della Bibbia dai testi originali 18; Roma: Paoline, 1984).* 

Lorenzin, Tiziano, I Salmi. Nuova versione, introduzione e commento (I libri biblici. Primo Testamento 14; Milano: Paoline, 2000, 2 2002). 

Mays, James Luther, Salmi (Strumenti 50; Torino: Claudiana, 2010).* 

Ravasi, Gianfranco, Il libro dei Salmi. Commento e attualizzazione. 3 vol. (Bologna: Dehoniane, 1981-1984). 

Scippa, Vincenzo, Salmi. Introduzione e commento (Dabar, logos, parola. Lectio divina popolare; Padova: Messaggero, 2002-2003).* 

Viganò, Lorenzo, Il Libro delle Lodi = Sefer Tehilim. Il messaggio del Salterio (Senza luogo: Lorenzo Viganò, 2016). 

Weiser, Artur, I Salmi. Traduzione e commento. I: Ps. 1 – 60. II: Ps. 61 – 150 (AT 15; Brescia: Paideia, 1984). 

Per iniziare la lettura, meglio prendere i volumi di A. Lancelotti, J.L. Mays o V. Scippa, più semplici e meno tecnici.




Le sei meditazioni proposte da padre Jean Louis Ska:
  1. Salmo 1
  2. Salmo 27
  3. Salmo 103
  4. Salmo 23
  5. Salmo 122
  6. Salmo 139
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