Enzo Bianchi "Perché la menzogna uccide la fiducia"
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29 maggio 2023
di ENZO BIANCHI
per gentile concessione dell’autore.
Un proverbio arabo recita: “Ogni parola, prima di essere pronunciata, dovrebbe passare attraverso
tre porte. Sulla prima c’è scritto: è vera? Sulla seconda: è necessaria? Sulla terza: è gentile?”.
Dalla parola, infatti, dipende la comunicazione e dalla comunicazione la possibilità della
comunione, dunque la qualità della vita umana, perché quanto meglio uno comunica, tanto più si
umanizza. Eppure la parola non è facile, occorre generarla ricevendo un seme di parola da altri,
permettendo in noi una gestazione, in cui la parola prenda forma, e poi occorre partorirla nel dolore,
perché non c’è parola senza una gravidanza che la preceda. Non c’è parola nostra che non nasca
dalla parola di altri. Lungo mestiere quello di imparare a parlare. Nelle relazioni quando ci si
affaccia alla vita appare un impulso a parlare così prepotente che ci spinge a vivere senza gli altri,
contro gli altri: dobbiamo pur vivere, costi quel che costi. Questo impulso può portare alla violenza
e a quello che solo apparentemente è il contrario della violenza: non si uccide l’altro negandolo, ma
con una regressione alla fusionalità dell’incesto. Gettati dal ventre materno nel mondo, non si
prendono le distanze dalla madre, dalla famiglia, dal contesto civile. Si arriva così a rifiutare
l’incontro con l’altro, lo straniero, il diverso. Inoltre, una volta che siamo nel mondo, tra gli altri,
c’è la possibilità della menzogna, della cattiva comunicazione, della falsità: tutto ciò è dovuto alla
mancanza di fiducia nell’altro. Quando c’è la menzogna, nessuna comunicazione è possibile, viene
meno la fiducia.
Non è un caso che nella Bibbia il demonio sia chiamato “omicida fin da principio… menzognero e
padre della menzogna” (Gv 8,44), perché l’incesto impedisce a se stessi e all’altro di essere altro,
l’omicidio abolisce l’altro, la menzogna non riconosce l’altro. Lo dobbiamo confessare: noi
sentiamo il desiderio di non riconoscere gli altri e quando parliamo siamo tentati di essere
menzogneri. Basta che cerchiamo di fare credere all’altro ciò che noi non crediamo o di manipolare
chi ci sta di fronte; basta che ci manchi il coraggio di dire ciò che pensiamo: ecco la menzogna. La
menzogna, sotto forma di finzione, uccide la fiducia e indebolisce ogni rapporto. I monaci sanno
che nella vita comune la menzogna inizia dalla chiacchiera inutile. Tale atteggiamento scivola poi
nella mormorazione, detestabile vizio tipico di vigliacchi e pusillanimi.
Questi ultimi possono essere distinti tra coloro che approfittano della mormorazione per creare
consenso intorno a sé, alimentando la stima per se stessi attraverso il mostrare di condividere le
critiche degli altri, e quelli che invece hanno un io minimo e non riescono a non accusare gli altri
perché sono diversi da loro. Dalla mormorazione si passa poi facilmente alla calunnia, alla
maggiorazione dei fatti, a un’interpretazione sviante o che manipola. A questo punto l’omicidio è
già avvenuto: la parola menzognera, infatti, uccide.