Enzo Bianchi "L’arte dell’ascolto"
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di ENZO BIANCHI
per gentile concessione dell’autore.
«Ascolta! Ti chiedo solo di ascoltarmi!»: quante volte queste parole risuonano nel nostro quotidiano
come un grido, una richiesta sofferta… È proprio così: ascoltare sembra un’operazione abituale,
quasi banale, eppure il vero ascolto dell’altro è raro e difficile. Immersi come siamo dal mattino alla
sera in rumori di vario tipo, sollecitati da messaggi multiformi, non conosciamo più il silenzio come
ambiente e ignoriamo l’autentico ascolto dell’altro. Non pratichiamo l’arte dell’ascolto ma, per lo
più, subiamo l’ascolto come una pratica fastidiosa; al contrario, siamo sempre pronti a parlare, a
riversare i nostri confusi bisogni su chi si trovi a portata di voce.
Ammettiamolo: quando l’altro ci parla, pensiamo meno ad ascoltare che a rispondere, impazienti di
riprendere la parola per essere ascoltati. Byung-Chul Han in un saggio ha scritto che in futuro ci
sarà una professione chiamata dell’ascoltatore. Qualcuno che, dietro pagamento, dedicherà ascolto
all’altro non essendoci più nessuno disposto ad ascoltare.
Ma che cosa significa ascoltare?
Innanzitutto significa accettare in profondità di sacrificare ciò che ci pare sempre più prezioso: il
tempo.
Occorre tempo per ascoltare, un tempo vissuto senza fretta, senza angoscia; occorre la
consapevolezza che si deve decidere di ascoltare. E non lo si dimentichi: “avere tempo” significa
scegliere di non avere tempo per tutto, ma per dedicarsi all’ascolto.
D’altronde, l’ascolto è la prima forma di rispetto e di attenzione verso l’altro, la prima modalità di
accoglienza della sua presenza.
Sappiamo per esperienza che l’altro non sempre pronuncia parole di reale interesse, che l’altro
spesso chiacchiera o parla a se stesso. Ma se è vero che l’ascolto esige sforzo e pazienza, lo è
altrettanto che solo un vero ascolto sa discernere e trarre lezioni anche da dialoghi penosi. Ascoltare
significa essere attenti, accogliere le parole di chi ci sta di fronte ma anche tentare di ascoltare ciò
che egli vuole comunicare: è necessario impegnarsi a cogliere anche il suo “non detto”, ciò che egli
sottintende o nasconde. Solo attraverso questo quotidiano esercizio si può giungere a una
comunicazione vera; altrimenti, a dispetto di tutte le parole dette, non accade un vero ascolto. In
breve: solo un ascolto autentico fa esistere l’altro!
Accanto all’ascolto dell’altro vi è un’arte ancora più difficile: l’ascolto di se stessi. Che si tratti di
un’operazione non immediata, lo dimostra il fatto che molti non riescono neppure ad ascoltare le
informazioni e i messaggi che ricevono dal proprio corpo. Ciò vale anche per l’ascolto del proprio
profondo, “lavoro” indispensabile per una vera vita interiore: senza questo ascolto della coscienza,
del “maestro interiore” — come lo chiamava Agostino — , non è possibile alcuna umanizzazione.
Si tratta di ascoltare le “intuizioni” che provengono dal nostro profondo, di cogliere delle “parole”
che emergono dal mistero del proprio “uomo nascosto del cuore”.