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Può Dio soffrire? (Bruno Forte)

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Vorrei aiutare la contemplazione del volto del Dio sofferente - il Padre/Madre dell’amore della tradizione biblica -, ponendomi in ascolto della Sua rivelazione in tre tappe, tese a scrutare rispettivamente il volto del Dio d’Israele, il volto del Dio di Gesù e quello del Dio della Chiesa.

a) Il Dio d’Israele. In ebraico c’è una metafora pregnante per dire l’amore di Dio: “rachamim”, termine che letteralmente significa “viscere materne”. Il Dio dei “rachamim” è il Dio visceralmente innamorato dell’uomo («per viscera misericordia Dei nostri», dice la trasposizione latina): Colui che è il Padre della “hesed”, l’amore forte e fedele, è anche il Padre/Madre della tenerezza, il Dio dell’infinita misericordia. Dice Isaia 49,14-16: “Sion ha detto: il Signore mi ha abbandonato, il Signore mi ha dimenticato. Si dimentica forse una donna del suo bambino così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? Anche se queste donne si dimenticassero, io non mi dimenticherò mai di te. Ecco ti ho disegnato sul palmo delle mie mani”. Questo è il Dio d’Israele: un Dio materno, che conosce tenerezza e usa misericordia, che ci tiene sempre sotto gli occhi, perché ci ha disegnato sul palmo delle sue mani.

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