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Casati - 16 giugno 2013 XI Tempo Ordinario

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2 Sam 12,7-10.13
Gal 2,16.19-21
Lc 7,36-8,3

Oggi il brano di Samuele iniziava con una parola forse poco comprensibile.
Natan disse a Davide: "Sei tu quell'uomo!" Quale uomo? L'uomo che Davide aveva appena finito di condannare, del quale aveva detto: chi ha fatto questo, merita la morte... Natan aveva raccontato una bellissima parabola che la liturgia non ricordava. Leggiamola: "Vi erano due uomini nella stessa città, uno ricco e l'altro povero. Il ricco aveva bestiame minuto e grosso in gran numero; ma il povero non aveva nulla, se non una sola pecorella piccina che egli aveva comprato e allevato; essa gli era cresciuta in casa insieme con i figli... era per lui come una figlia. Un ospite di passaggio arrivò dall'uomo ricco e questi, risparmiando di prendere dal suo bestiame minuto e grosso, portò via la pecorella di quell'uomo povero e ne preparò una vivanda per l'ospite venuto da lui..." Dunque il povero e la sua pecorella piccina...e il ricco che gliela strappa. Vedete che cos'è il peccato, è questa durezza di cuore. Noi abbiamo ridotto a cose il peccato, cose che facciamo: confessiamo delle cose. Ma il peccato non sarà forse questa incrinatura che si è aperta dentro, questa durezza di cuore? Al punto che quando ti accorgi, ti chiedi: ma come si può esser così spietati? Sì, sei tu quell'uomo. E Davide lo riconosce! "Tu hai colpito di spada Uria, l'Ittita, hai preso in moglie la moglie sua, lo hai ucciso con la mano degli Ammoniti...Tu mi hai disprezzato..." dice il Signore. Dio dice: Tu mi hai disprezzato. Ecco un'altra dimensione del peccato: Per i credenti, il peccato contiene un disprezzo di Dio, rompe quell'armonia che è custodita nelle cose: l'armonia modellata e impressa dalle mani di Dio. Sei tu quell'uomo. E se ho il coraggio di riconoscermi in quell'uomo, ecco la svolta imprevedibile. "Il Signore ha perdonato il tuo peccato. Tu non morirai". La svolta è la misericordia. E anche qui ci sarebbe da meditare a lungo -dico: sui sentimenti di misericordia- alla luce del Vangelo di Luca. A chi assomigliamo: a Simone, il fariseo, o a Cristo? Siamo la legge o siamo l'Amore? Sono due atteggiamenti dello spirito molto diversi: due modi di guardare, molto diversi. Ma vedete che strano! la realtà che è sotto gli occhi è identica, è oggettiva. Tutti vedono le stesse cose: tutti vedono una donna, una peccatrice che al di là di tutte le regole, si avvicina, versa olio profumato sui piedi di Gesù, li lava con le sue lacrime, li asciuga con i suoi capelli. Ma c'è modo e modo di guardarla. Simone, la legge, guarda e scuote la testa: questa è una donnaccia; se Gesù sapesse tutto, non consentirebbe simili effusioni. Gesù, la tenerezza, la guarda con amore: era morta, ora è viva. Noi come guardiamo? con gli occhi della legge o con gli occhi dell'amore? Gli occhi della legge registrano i fatti, ma non registrano ciò che avviene nel cuore. Gli occhi dell'amore registrano i fatti, ma vanno oltre -o, se volete-, vanno dentro, e leggono le ragioni del cuore, gli itinerari del cuore, le svolte improvvise del cuore. "L'amore -ha scritto un commentatore attento del nostro tempo- l'amore non guarda il negativo, non guarda la contraddizione di un uomo con la legge, guarda le sue intime esigenze, la spinta interna, che magari lo ha portato ad essere in contrasto con la legge, ma che mira ad altro. Ecco, l'amore coglie questa attesa, questo bisogno profondo: si fa largo attraverso il groviglio delle violazioni morali per fissarsi sul germe intatto che è anche nel cuore della più corrotta prostituta, e il suo miracolo è nel suscitare questo germe, nel farne principio di un nuovo modo di vivere. E' un passaggio, dalla morte alla vita!" (Balducci)
Fonte:sullasoglia
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