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A Bose dialogo dell'amicizia sulla spiritualità ortodossa

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Intervista al Priore Sabino Chialà  

Avvenire” 6 settembre 2022 

Oggi alle 9.30 presso il monastero di Bose sarà la prolusione del priore Sabino Chialà ad aprire il XXVIII Convegno ecumenico internazionale di spiritualità ortodossa. I lavori proseguiranno fino al 9 settembre e avranno tra i protagonisti: Mar Emmanuel Yosip, vescovo della diocesi del Canada della Chiesa Assira dell’Oriente e delegato personale del patriarca Mar Awa Royel; Benedict di Bistrita, vescovo ausiliare di Vad, Feleac e Cluj (Patriarcato di Romania); il metropolita Athenagoras del Belgio (Patriarcato ecumenico), delegato ufficiale del patriarca ecumenico Bartolomeo; Asti di Bylis, vescovo vicario di Tirana (Chiesa ortodossa autocefala d’Albania), delegato personale dell’arcivescovo Anastasios di Albania; il vescovo Siluan, della diocesi ortodossa romena d’Italia, delegato del patriarca Daniele di Romania; il vescovo Alexander of Toledo and the Bulgarian diocese (Orthodox church in America). Numerose anche le presenze monastiche, oltre che dall’Italia, da Siria, Romania, Polonia, Slovacchia, Germania, Belgio e Francia.

Il cammino del dialogo, e quindi per l’unità dei cristiani, richiede (anche) coraggio. Di conoscersi senza pregiudizi, di ragionare da fratelli e, soprattutto oggi, di incontrarsi quando tutto intorno sembra invitare alla prudenza. È fondata proprio su quel coraggio, radicato nella fede e maturato dalla preghiera, la scelta della comunità monastica di Bose di tornare a organizzate il tradizionale Convegno ecumenico internazionale di spiritualità ortodossa. E questo malgrado la guerra in Ucraina che, con il sostegno del patriarca ortodosso russo Kirill all’offensiva scatenata da Putin, ha prodotto profonde ferite all’interno del cristianesimo orientale, e non solo.

«Un azzardo – spiega il priore di Bose, Sabino Chialà, che stamani aprirà il Convegno – sul quale abbiamo riflettuto a lungo e anche esitato. Da una parte ci sembrava fuori luogo pensare a un convegno mentre l’Ucraina è in fiamme. Una terra così cara a quanti da quasi trent’anni frequentano i nostri convegni ecumenici di spiritualità orientale. E poi c’era la pandemia, che ci ha imposto la sospensione del nostro appuntamento per tre anni e che ancora resta lì minacciosa. Alla fine abbiamo rotto gli indugi, incoraggiati anche da tanti amici, che vedevano il nostro convegno come un messaggio di speranza».

Si terrà dunque da oggi al 9 settembre il XXVIII Convegno ecumenico internazionale di spiritualità ortodossa che sarà interamente dedicato a sant’Isacco di Ninive e al suo insegnamento spirituale. «I nostri convegni – aggiunge fratel Chialà – non hanno mai avuto un carattere di ufficialità, che resta appannaggio dei dialoghi teologici portati avanti dalle diverse Chiese. Da sempre sono stati solo uno spazio aperto in cui incontrarsi e imparare a conoscersi, a partire dal ricco patrimonio spirituale delle tradizioni orientali. Il nostro è un dialogo dell’amicizia in cui coltivare una conoscenza reciproca sempre più profonda. Conoscersi è infatti il primo passo per tornare a ri-conoscersi fratelli e sorelle. È quello che abbiamo visto fiorire in tanti anni di incontri».

Al centro dei lavori, come detto, sant’Isacco di Ninive (o il Siro). Perché questa scelta?

Per due ragioni innanzitutto. Perché si tratta di una figura “dirompente”. Infatti, pur appartenendo a una Chiesa che non è più in comunione con nessuna delle altre, Isacco è uno dei padri più amati in tutte le tradizioni cristiane. I suoi scritti - caso unico nella storia - sono stati tradotti fin dall’antichità in tutte le lingue parlate da cristiani. Ma abbiamo pensato a lui anche per l’immediatezza e l’efficacia del suo insegnamento. Egli si rivolge a dei solitari come lui. Eppure le sue parole sono capaci ci raggiungere l’essere umano di ogni tempo e luogo, con una freschezza e una capacità comunicativa che sono rare.

Tra i cardini del suo insegnamento ci sono l’umiltà e la misericordia. Temi quanto mai attuali.
L’umiltà per Isacco equivale ad autenticità, adesione alla propria umanità e fallibilità. L’umile è colui che si riconosce per quello che è, che si riconcilia con il suo limite anziché negarlo. E lì incontra il suo Signore fattosi umile, cioè uomo, per raggiungerlo nel fondo del suo abisso. La misericordia è l’altro grande tema di Isacco, per il quale egli è stato amato da generazioni di credenti appartenenti a ogni condizione di vita. La misericordia di un Dio che non viene meno alla sua promessa neppure quando la creatura lo rifiuta. Un Dio che non muta di sentimenti dinanzi al peccato dell’uomo, ma cerca in ogni modo di attirare a sé ogni cosa. Una misericordia, quella di Dio, che ci chiede di venire alla luce senza aver paura. Umiltà e misericordia giungono così a intrecciarsi. L’umiltà di chi riconosce coraggiosamente il proprio peccato, la propria miseria, processo essenziale per la guarigione. La misericordia che copre di tenerezza e rende nuova ogni vita.

Al Convegno partecipa anche una voce russa, quella di Maksim Kalinin. Un segno importante anche se in passato avete ospitato figure di primissimo piano della Chiesa ortodossa russa. Come sono oggi i rapporti con Mosca? Speravate anche in altre presenze?
I rapporti con i tanti amici russi che negli anni abbiamo imparato a conoscere e amare restano vivi e la loro assenza, dovuta alla difficoltà degli spostamenti, ci addolora, come anche quella dei tanti amici ucraini che non potranno presenziare. Sappiamo della sofferenza di tanti russi per quanto accade in Ucraina, al di là delle posizioni ufficiali. Diversi di loro hanno espresso il proprio dissenso e per questo sono osteggiati. Abbiamo messo in conto che non avrebbero potuto essere con noi. Alcuni ci hanno scritto per dircelo. Li sentiamo vicini e li ricordiamo.

Il Convegno si svolge mentre a Karlsruhe, in Germania è in corso l’XI Assemblea del Consiglio ecumenico delle Chiese. Piani diversi nello stesso impegno per l’unità. Qual è il contributo specifico che la tradizione monastica può dare in questo senso?
Quello di una condivisione di vita quotidiana che comunica al di là delle differenze teologiche. Il monachesimo è stato sempre una via privilegiata di scambi capaci di infrangere le barriere. Anche se - è bene ricordarlo - alcune rigidità antiecumeniche vengono proprio da ambienti monastici. Ma la mia esperienza è che quando ci si incontra sulla vita concreta, il dialogo è fecondo, perché si scopre una prossimità insospettata.

Cosa dice in particolare sant’Isacco di Ninive agli uomini e alla donne di oggi?
Ci consegna quell’invito alla speranza che torna ripetutamente nei suoi discorsi, scritti in un tempo di grandi rivolgimenti politici e di grande incertezza, un po’ come il nostro. Isacco, in forza della sua fede incrollabile nel Dio amico degli uomini, invita a non disperare, a guardare oltre, a osare. Un invito preziosissimo, credo, in questo tempo in cui ci sentiamo così fragili dinanzi alle sfide del momento e che rischiamo di veder affievolirsi il nostro desiderio di futuro.

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