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Enzo Bianchi "Se la Chiesa chiede perdono"

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La Repubblica - 14 febbraio 2022
per gentile concessione dell’autore.

Per i cattolici questa è un'ora di passione perché la Chiesa che essi costituiscono e che cercano di edificare ogni giorno presenta un volto sporco, abbattuto, piagato da scandali ma anche da ostilità e persecuzioni in molte regioni del mondo. La Chiesa appare debole, perdente, in continua diminuzione e sempre più marginale, almeno nell'area occidentale.


Non è soltanto la fine della cristianità, e neppure l'essere diventata una minoranza ciò che la riduce così a mal partito, ma sono le contraddizioni al Vangelo, l'incoerenza dei suoi rappresentanti, lo scandalo dei delitti perpetrati per decenni che diventando oggi manifesti e ne fanno un'"imputata" contro la quale si scatena anche il rancore e l'odio alimentati dai media. Oggi la Chiesa è umiliata, e molti in essa sono assaliti da vergogna.


Ecco perché la via che la chiesa percorre oggi è quella dell'umiltà veramente evangelica: una via in cui ascolterà molto prima di parlare, in cui non imporrà e non pretenderà ma indicherà con la vita vissuta, in cui non chiederà più di stare al centro ma le basterà stare nella compagnia degli uomini e delle donne, in solidarietà con loro e con la loro ricerca. Solo così il clericalismo può veramente dissolversi.


Il Vescovo di Roma emerito, Benedetto XVI, proprio nella sua disposizione all'umiliazione, nove anni fa dichiarava di aver ripetutamente esaminato la sua coscienza davanti a Dio e di essere ben consapevole, fino alla certezza, che era bene per la Chiesa che lui rinunciasse al ministero petrino. E ora, raggiunti i 95 anni, chiamato in causa per i delitti di pedofilia avvenuti quando era vescovo di Monaco, accetta di umiliarsi, di confessare le gravissime colpe della Chiesa anche senza avere responsabilità personali, e chiede perdono. Quanti altri con le stesse responsabilità indirette, e quanti altri invece direttamente responsabili per aver taciuto, nascosto, non pesato la gravità degli abusi, lo hanno fatto? È una domanda che dovremmo farci e tentare di rispondere. Non dovremmo poi dimenticarci che negli ultimi decenni dello scorso secolo questi delitti non venivano giudicati né dalla gente né dalla Chiesa gravi della stessa gravità con cui vengono oggi considerati. C'è anche da temere che ormai molto del clamore, delle esternazioni e delle affermazioni sloganistiche che invocano "tolleranza zero" siano un inchinarsi di fronte all'opinione pubblica e alla pressione mediatica.


Sarebbe più evangelico un silenzio che faccia regnare la giustizia, cerchi di estirpare questa piaga nella Chiesa con la desacralizzazione delle autorità e con un mutamento profondo dei rapporti che si vivono al suo interno, soprattutto negli spazi dell'educazione, un silenzio che sappia anche essere misericordia per chi ha commesso i delitti. Ogni persona è più grande dei delitti che ha commesso, e per i cristiani Dio è più grande della loro stessa coscienza.

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