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Guida alla “Lettera ai Romani”

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di: Roberto Mela

Il volume raccoglie le dodici lezioni tenute dall’emerito di esegesi del Nuovo Testamento della Lateranense nello splendido scenario del monastero di Camaldoli a fine giugno 2017. L’occasione era data dalla 37a edizione del convegno annuale organizzato dalla rivista biblica semestrale edita dalle EDB Parola Spirito Vita. Il testo è riprodotto secondo l’andamento vivace dell’esposizione dell’autore, conservando alcuni tratti dello stile colloquiale.

Penna non ha avuto certo difficoltà alcuna a comporre questa “guida alla lettura” del capolavoro di Paolo, avendo realizzato un commentario a Romani di ben 1.344 pagine (EDB, Bologna 2010, volume unico). Lì si potrà trovare comodamente la bibliografia che non viene riportata in questo volumetto (cf. pp. 1123-1196), così come altri indici preziosi da consultare nel corso della lettura della Guida: l’indice biblico (pp. 1197-1266), quello dei testi non canonici (1267-1282), dei papiri (pp. 1283-1284), delle epigrafi (pp. 1285-1286), degli autori antichi (pp. 1287-1306) e, infine, quello dei nomi (pp. 1307-1324).

Penna ricostruisce il quadro della comunità di Roma, sconosciuta a Paolo (pp. 7-14). In verità, si tratta di diverse piccole comunità che si radunavano nelle case private. La sua coscienza apostolica, la necessità di esporre con calma la propria visione teologica del “vangelo” (redenzione, fede, giustificazione, libertà, rapporto con Israele, permanenza della Parola nonostante la “caduta” di Israele), di chiarire alcune distorsioni interessate del suo pensiero (la libertà dalla Legge dà il permesso di peccare e di ogni licenziosità?), quella di chiedere un sostegno economico per il suo progettato viaggio in Spagna (che con tutta probabilità non fece), lo spingono a scrivere la lettera da Corinto nell’inverno del 56 (o 57).

Si tratta di una lettera fondamentale (pp. 15-24), che va inquadrata nel genere epistolare del tempo. Paolo qui si presenta (Rm 1,1-7, pp. 25-34) come apostolo messo a parte per annunciare il vangelo della salvezza per fede (pp. 25-34).

Rm 1,16-17 contiene la propositio principalis o tesi che Paolo dovrà dimostrare nel corso della lettera: il Vangelo rivela la giustizia salvifica universale di Dio e origina le fede. Paolo si serve di varie probationes, narrationes, perorationes (riassunti e conclusioni, non esortazioni!), articolando il suo testo attraverso subpropositiones ecc.

La lettera di Paolo ai Romani non è un discorso retoricamente ben tornito secondo tutti i canoni insegnati nelle scuole del tempo né un’arringa giudiziaria, con un solo genere letterario ben chiaro, tuttavia Paolo espone il contenuto del suo dire in una forma ben organizzata della scelta degli argomenti e dei vari temi, in ordine non solo a esporre ma anche a convincere delle bontà delle sue tesi (di qui si può constatare l’importanza della conoscenza dell’articolazione retorica della lettera), confutando (tramite le confutationes) le posizioni dei propri oppositori.

In Rm 1,18–3,20 Paolo parla della giustizia di Dio in prospettiva extra evangelica (pp. 45-56), che dovesse seguire il criterio del puro rendere a ciascuno secondo le proprie opere. È la prova in negativo della tesi contenuta in Rm 1,16-17. Paolo assume temporaneamente il modo di ragionare del mondo giudaico, per illustrare poi la diversità di come le cose si sono effettivamente realizzate. Nell’evento Cristo si rivela infatti la giustizia salvifica di Dio (3,21-31, pp. 57-66). Paolo redige qui la prova in positivo della tesi di Rm 1,16-17.

Nella narratio e probatio che segue (Rm 4,1–5,21), Paolo presenta la figura di Abramo come tipo del credente (4,1-25) e quella di Adamo quale archetipo del peccatore e anticipo di Cristo, il tipo che Paolo vuole mettere in luce sovreminente rispetto al suo antitipo. Penna collega Rm 5 a ciò che precede quale sua conclusione, mentre molti altri studiosi lo collegano a ciò che segue quale sua anticipazione tematica. Nel suo commentario maggiore, Penna impiega l’immagine della piattaforma ferroviaria rotante, che può servire a entrambi gli scopi.

Il battesimo disloca dal Peccato/Legge a Cristo (Rm 6,1–7,25, pp. 81-92), permettendo di rispondere positivamente al grido angosciato dell’uomo considerato senza Cristo (Rm 7,7-25). Evidentemente, la liberazione dalla Legge non equivale a permissione dei peccati (o, paolinamente meglio parlando, della concupiscenza) o l’equivalenza della Legge con il Peccato, che Paolo vede apocalitticamente secondo il pensiero di derivazione enochica quale potenza massiccia sovrumana che strumentalizza la Legge, facendone un suo strumento al di là della sua funzione originaria e della sua origine divina. Qui si trova la materia sfruttata da coloro che stravolgevano a loro favore il pensiero di Paolo, quali ignoranti dei punti difficili di cui egli parla, come li sferza Pietro in 2Pt 3,16.

Lo Spirito di Cristo è all’origine della libertà cristiana e della vita filiale del credente (Rm 8,1-39). Un capitolo splendido della lettera, che parla in positivo della vita del discepolo di Cristo e dal quale si può volgere indietro lo sguardo per commiserare in negativo la tragica situazione dell’uomo considerato senza Cristo in Rm 7,7-25.

Molto densa è la meditazione paolina contenuta nei tre (su undici!) corposi capitoli che concludono la parte dottrinale della sua lettera (Rm 9,1–11,36). Il popolo di Israele è confrontato con l’evangelo. La sua caduta e incredulità temporanea, provvisoria e provvidenziale non mette in scacco la Parola di permanente validità del vangelo, tesi espressa in Rm 1,16-17. In rapporto alla tesi presentata in 1,16-17 Paolo contempla il mistero di Israele, popolo non rigettato da Dio, destinatario al contrario dei suoi doni e della sua chiamata che sono irrevocabili (Rm 11,29).

La parte paracletica (esortativa, ma non laudativa/parenetica) della Lettera ai Romani (Rm 12,1–15,13) è esposta da Penna nel penultimo capitolo del suo volume. Questa parte dello scritto paolino riflette sulla componente etica dell’identità cristiana. Dall’indicativo dell’essere discepolo di Gesù consegue l’imperativo del dovere etico (reso possibile concretamente dallo Spirito di Cristo). Esso si esplica in due aspetti: amore accogliente e attento alla componente dei “deboli” della comunità (per lo più la sua componente giudeo-cristiana) ancora legata ai dettami alimentari della religione di partenza e quella dei “forti”, liberi in coscienza da ogni scrupolo in materia.

Rm 15,14–16,27 contiene i saluti finali, dai quali si evince chiaramente il ruolo sostanziale di varie donne nelle comunità cristiane. Paolo si premura di salutare tutte le persone della comunità romana che conosce per altre vie, non avendola fondata personalmente. Paolo, infatti, è molto attento alle persone, alle relazioni umane e alla valorizzazione dei suoi collaboratori (uomini e donne).

Volume prezioso, sintetico, di chiarezza cristallina, del cui contenuto abbiamo potuto godere l’esposizione a viva voce. Un’ottima “guida” per inoltrarsi nel non sempre facile capolavoro paolino, pietra miliare della teologia cristiana.

Romano Penna, La lettera di Paolo ai Romani. Guida alla lettura (Collana Biblica s.n.), EDB, Bologna 2018, pp. 144, € 12,50, ISBN 978-88-10-22184-6
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