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Commento alle letture 20 maggio 2012 (G.Bruni)

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Giancarlo Bruni,  appartiene all'Ordine dei Servi di Maria e nello stesso tempo è monaco della Comunità ecumenica di Bose.

Letture: 
At 1,1-11; Ef 4,1-13; Mc 16,15-20.
«Il Signore Gesù fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio»

1. Il brano proposto dalla liturgia non è propriamente di Marco ma fa parte della cosiddetta finale lunga (Mc 16,9-20) aggiunta nel II° secolo sia per attenuare il carattere brusco con il quale egli aveva concluso il suo Vangelo (Mc 16,8), sia per puntualizzare che vi sono aspetti della esperienza credente propri a ogni comunità del Cristo morto e risorto.
Ad esempio sono da considerarsi comuni il dato delle apparizioni (Mc 16,9- 14); l’invio a annunciare il Vangelo a ogni creatura (Mc 16,15); la non accoglienza della buona notizia della resurrezione sulla semplice base della testimonianza della parola, una incredulità indice di una durezza di cuore a capire di cui gli Undici, assieme a Tommaso, sono icona permanente (Mc 16,14); il Cristo come riferimento imprescindibile per ogni essere sotto il sole in rapporto alla relazione con Dio (Mc 16,16) e la sottolineatura di alcuni effetti straordinari legati al credere tipo esorcismi, guarigioni e inoffensività di serpenti e veleni (Mc 16,17-18). Tra queste aggiunte, non in contraddizione con lo scritto di Marco e canonicamente accolte, vi è poi quella della ascensione: « Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio. Essi allora partirono e predicarono dappertutto» (Mc 16,19-20). Affermazione scarna ricca di messaggi.
2. In riferimento a Gesù il vocabolo «ascensione» indica il momento terminale di una vicenda e di un itinerario che hanno in un Tu singolare il proprio momento iniziale e la propria ragione: «Sono uscito dal Padre mio e sono venuto nel mondo; ora lascio di nuovo il mondo e vado al Padre» (Gv 16,28); «Io sono venuto nel mondo come luce, perché chiunque crede in me non rimanga nelle tenebre» (Gv 12,46). Gesù il disceso dal Padre in una carne fragile e mortale (Gv 1,14), la sapienza disattesa, l’assiso su un trono di nome croce (Gv 19,19-20) e il disceso nel più profondo degli inferi (1Pt 3,19; At 3,29-31) è l’asceso-innalzato-assiso nel più alto dei cieli alla destra del Padre (At 3,33) quale principe di pace a noi pace (Ef 2,14). Una glorificazione-esaltazione (Fil 2,9), indice del sì di Dio a quello scarto umano, in un corpo forte, glorioso, spirituale e immortale offerta alla stupita contemplazione di comunità oranti che in quel disceso-asceso sono chiamate a vedere in primo luogo l’archetipo del loro indicibile cammino, ove loro sta per tutti: da Dio, il Padre è il «da dove» fontale dell’uomo; secondo Dio, il Padre è l’ orientamento sul «come» abitare la terra, il frattempo della storia; a Dio, il Padre è il «verso dove» ultimo dell’uomo e del cosmo. Comunità in secondo luogo chiamate a vedere in quel disceso-asceso l’adempiersi di un evento nascosto sin dalla fondazione del mondo (Mt 13,35) e manifestato in questi ultimi tempi proprio nel «predestinato già prima della fondazione del mondo» (1Pt 1,20). A che cosa? Ad assumere l’umano per introdurlo per sempre nel divino. Il natale è per l’ascensione e l’ascensione è per il natale, in Gesù-uomo l’umano è per sempre divinizzato e in Gesù-Dio il divino è per sempre umanizzato, indice e profezia di un dato elementare: l’uomo che siamo noi è figlio di Dio, il figlio di Dio che siamo noi è uomo, un mistero verso il suo adempimento al di là del male e della morte. Questo dice ascensione, l’essere chiamati a divenire figli in un corpo di luce sulle orme di Gesù il salito al Padre celeste con quel corpo trasfigurato assunto da una madre terrestre. La materia non è distrutta ma trasformata, uomo e cosmo riassunti nell’asceso.
3. È urgente per le comunità cristiane recuperare queste visioni che dilatano la mente e riscaldano il cuore, leggere nel viaggio di Gesù il senso nascosto del proprio viaggio: il venire da lontano, il vivere da resistenti ai luoghi comuni e il risalire a quel lontano con tutta la propria corporeità redenta, frammenti rivelativi del tutto umano-cosmico. Un possibile se lo lasciamo discendere negli inferi dei nostri pensieri, dei nostri sentimenti e dei nostri comportamenti per farli ascendere a pensieri, sentimenti e comportamenti di luce, quelli degli amati che riamano come amati.
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