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Presentazione libro: “Siri, la Chiesa, l’Italia”. Paola Radif Il Cittadino

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Nella Sala del Porto Antico della Capitaneria di Porto, nel cuore di quella realtà portuale da lui tanto amata, il Cardinal Siri è stato piacevolmente ricordato ad un pubblico attento e partecipe, grazie alla presentazione del libro: “Siri, la Chiesa, l’Italia”.
Presente il Card. Bagnasco, illustri relatori si sono avvicendati nel delineare i tratti della storia di un uomo che non solo ha fortemente inciso sui destini della città di Genova ma la cui opera intelligente si è estesa fino a coinvolgere l’Italia intera e la Chiesa universale.
Dopo un caloroso saluto del Comandante generale, Ammiraglio Marco Brusco, l’incontro è stato introdotto da P.Mauro de Gioia d.O., direttore dell’Ufficio Cultura della diocesi, che ha sottolineato gli aspetti salienti del libro, curato da Paolo Gheda, che raccoglie gli atti del convegno celebrato l’anno scorso, nell’80° di sacerdozio del Card.Siri. Ha parlato del suo valore storiografico, che offre la preziosa possibilità di ulteriori approfondimenti, ha additato la centralità della Chiesa, che ebbe in Siri il suo difensore e la viva presenza del porto, per cui il Cardinale ebbe sempre profonda attenzione.
Il dr. Massimo Franco, giornalista della carta stampata e ben noto volto televisivo, nonché autore di saggi, si è detto contento di aver per così dire dovuto ancor più documentarsi, in vista dell’impegno odierno, sulla personalità del Card. Siri che dalle pagine del volume emerge in tutto il suo amore alla città e alla Chiesa.
Con Siri la Chiesa fu forte e protagonista, ha continuato il Dr. Franco, pronta a intervenire per fornire le direttive ai cattolici, che questo richiedevano ai loro pastori in quei tempi, preoccupata della deriva verso un secolarismo che sembrava solo marginalmente sfiorarla senza contagiarla: eppure Siri già si sforzava di capire le cause di un malessere che serpeggiava nella società. Egli cercò di dare alla Chiesa un ruolo sociale, creò l’UCID per una presenza cattolica forte, pronta a battersi per portare avanti quei principi cristiani che la politica della DC non sosteneva più. Siamo nel 1974, con la legge sul divorzio, e nel 1981, con la legge sull’aborto.
E tuttavia si riscontra nel Card. Siri un atteggiamento di cauta distanza dalle questioni politiche, che non significa disinteresse o indifferenza, ma è una scelta prudente per mantenere la Chiesa in posizione libera ed equilibrata, una linea che anche oggi essa dimostra di prediligere.
Il prof.Andrea Riccardi, docente di storia contemporanea all’Università di Roma Tre, fondatore della Comunità di Sant’Egidio, autore di numerosi scritti sulla Chiesa in Italia, si è soffermato anch’egli sulla significativa presenza del Card. Siri nella sua città, le cui sorti si sono sempre intrecciate con quelle del suo pastore. “Nella sequenza dei vescovi che si sono succeduti su una cattedra c’è tanta storia, che è storia di Dio, ma anche storia di uomini”, ha detto e in effetti il Card. Siri, che ha avuto costantemente a cuore Genova, i suoi problemi, il suo porto, ha vissuto in pienezza questo rapporto amorevole e paterno. Attraversò con la sua Genova i duri anni della guerra, evitò che il porto venisse minato e fatto saltare, andò nei  luoghi del lavoro più duro, creò la figura del cappellano del lavoro, fu presenza assidua per chi bussava alla porta dell’episcopio, rendendosi avvicinabile, sì, ma pur sempre autorevole.
In lui si trova, ha proseguito Riccardi, una intransigenza che meglio potrebbe definirsi col termine che il Card. Ratzinger ebbe ad attribuire alla Chiesa: inattualità, a significare che per tenersi al di fuori e al di sopra delle questioni contingenti occorre essere inattuali; il che è l’unico modo per resistere nel tempo. E’ grazie alla sua inattualità che la Chiesa, ha aggiunto, “può essere moderna, non essendo moderna” e può essere più attuale proprio per non essere andata dietro alle mode, che hanno vita breve.
Il relatore si è poi soffermato sul confronto tra le due figure di G.B. Montini e Giuseppe Siri, a cui nel volume viene dato grande spazio: ne emerge la constatazione di trovarsi di fronte a personalità molto diverse e tuttavia capaci di un dialogo che si fa più vivo e profondo quando Mons. Montini, poi Paolo VI, si troverà ad essere sempre più solo e troverà in Siri un amico leale, un devoto vescovo che non tradisce mai la sua sottomissione al Papa. “Cum Petro semper” aveva sussurrato all’orecchio del neo eletto Papa Montini che gli chiedeva: “Mi stia vicino, eminenza”, come ha raccontato il Card. Bagnasco regalando ai presenti alcuni suoi ricordi personali.
Richiesto di concludere l’incontro, l’Arcivescovo ha infatti arricchito di elementi particolarmente suggestivi il ritratto del suo grande predecessore, che egli ebbe sempre come maestro, modello, padre amorevole fino agli ultimi istanti in cui potè visitarlo dopo che si era ritirato dalla vita attiva, assistito dal fedele segretario Mons.Grone, e che ogni volta gioiva dell’incontro con i suoi sacerdoti.
Di lui il Card. Bagnasco ha voluto sottolineare l’amore alla Chiesa che traspare anche dalle parole dette al clero a fine concilio: “Dovete leggere tutti gli Atti del concilio, dovete leggerli tutti, e in ginocchio”, a indicare che ciò che era stato scritto ora attendeva un’attuazione in completezza e non si trattava di sceglierne solo alcuni punti.
Questa era l’obbedienza alla Chiesa, perché il concilio era la forma suprema di governo della Chiesa, un tema su cui Siri era perfettamente in linea con G.B.Montini.
Governare la Chiesa in perfetta sintonia col Papa e secondo le direttive del concilio ero lo stile del Card. Siri. Autorevolezza e austerità in lui non significavano freddezza tant’è che la sua umanità, quella sensibilità schiva che non traspariva all’esterno, tuttavia in qualche modo si sprigionava se, ancora oggi, in occasione delle Messe per il precetto pasquale celebrate dal Card. Bagnasco o delle visite che egli compie nelle fabbriche e in porto, trova sempre gruppi di lavoratori che con stima e rimpianto, a 21 anni dalla morte, lo aspettano per parlargli di Lui.
Paola Radif
Fonte: Il Cittadino
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