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Gianfranco Ravasi “Papa Francesco vittima di equivoci.”

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Parla Gianfranco Ravasi, biblista presidente emerito del Pontificio consiglio della cultura: “Si diceva che Bergoglio non avesse un impianto teologico. Non è vero, basta guardare al suo magistero: nei suoi testi c’è un’autentica filigrana evangelica. Lui, pontefice innovatore, ha visto un ritorno di tendenze alla conservazione”

 

MILANO – Cardinale Gianfranco Ravasi, prima ancora di parlare della sua eredità, chi era personalmente Francesco? Lo abbiamo veramente capito?

“Ricordo il conclave del 2013 – racconta il biblista, presidente emerito del Pontificio consiglio della cultura – io e lui arrivammo in ritardo all’ultima votazione, quella che lo avrebbe visto Papa. Non ci conoscevamo, discutevamo di libri… venne il cerimoniere a chiamarci. Un paio d’ore dopo era diventato Francesco. Dopo mi disse: in quel momento sentivo una mano che mi fermava… Intuiva forse quello che sarebbe avvenuto. Quel discutere di libri mi fa pensare al primo degli equivoci che lo hanno riguardato. Si diceva che non avesse un impianto teologico. Non è vero, basta guardare al suo magistero. Alla sua prima esortazione, l’Evangelii Gaudium, ma anche all’enciclica Laudato si’ o a Fratelli Tutti: in quei testi c’è una autentica filigrana evangelica”.

Francesco vittima di equivoci…

“Un innovatore, ha cambiato la grammatica comunicativa. Le sue espressioni sono entrate nel linguaggio di tutti: la guerra mondiale a pezzi, la guerra che è sempre una sconfitta, il pastore che deve avere l’odore delle pecore, la Chiesa come ospedale da campo. Ha contribuito a sciogliere un linguaggio più freddo e paludato”.

Antico impegno dei gesuiti come Francesco

“Certo, dall’America Latina alla Cina, con Matteo Ricci… E si tocca qui un altro elemento di equivoco, quello secondo il quale non avesse una grande strumentazione culturale. Non è vero. Non solo perché, nel mio caso, ha sempre sostenuto il ‘Cortile dei Gentili’ (l’iniziativa del Pontificio consiglio per la cultura per il dialogo fra credenti e non credenti, voluta da Ravasi, ndr), ma ha scritto lettere apostoliche sul ruolo della letteratura nella formazione, sulla poesia. Ha parlato agli artisti, ha sottoscritto il Documento di Abu Dhabi con il grande imam di al-Azhar Ahmad al-Tayyib, per la pace mondiale e la convivenza. Aveva sensibilità sul significato della tecnologia nella vita delle persone: genetica, neuroscienze, intelligenza artificiale, dell’importanza dell’ecologia”.

Bergoglio uomo di cultura...

“Mi ha regalato un quadretto con una foto sua con lo scrittore argentino Jorge Luis Borges, del 1965. Lo aveva chiamato al collegio di Santa Fe a parlare ai suoi allievi. In una lettera parla della letteratura come della capacità di ascoltare la voce dell’altro…”

Si ha l’impressione che, in parte come con Giovanni XXIII, questo non sia un pontificato concluso. Che lasci aperto un cantiere…

“Tempi velocissimi cambiano radicalmente lo scenario nel quale la Chiesa si muove. Credo che Papa Francesco se ne sia accorto e abbia tentato di dare una risposta, quella via del sinodo che ha incontrato sicuramente delle difficoltà. Questa sua idea di camminare insieme verso il futuro: in questo era progressista. Ma non ha mai rinunciato alla dottrina. Certo, sentiva che il percorso da fare era lungo. In questo, forse, non è più possibile avere un pontificato concluso… come quelli di Benedetto XVI o di Giovanni Paolo II”.

Ora è da capire quale via imboccherà la Chiesa…

“Grande interrogativo. Francesco aveva intuito il movimento della scienza, della tecnica e del digitale. Ma lui stesso, che parlava di cambi di paradigma, assisteva a un ritorno di tendenze alla conservazione, all’identità. Il futuro Papa dovrà conservare senza perdere la capacità di guardare in prospettiva di un pontificato che certo ricorderemo”

Che conclave sarà?

“Io non parteciperò per ragioni d’età. Ma nel 2013 eravamo 116 e ne conoscevo direttamente 90. Oggi saranno 135 elettori, e forse ne conosco 40. Sono il volto di una Chiesa diversa, in parte conosciuta. Non sarà facile per loro, non sarà semplice costruire una politica pastorale che unisca il mutamento e la molteplicità”.


Guido Bandera

Fonte: Il Giorno


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