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Erri De Luca "Nel silenzio del Sabato Santo immagino la voce della divinità..."

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Il mio udito non è attrezzato a registrare il suono di quella voce diretta. Gli occhi, le ciglia possono solo sfiorare il verbale dello scambio tra la divinità e i suoi ascoltatori scelti.

Leggo al mattino le scritture sacre nel loro ebraico di origine. Riferiscono la voce della divinità: «E disse» è il suo verbo più frequente, la sua più fitta manifestazione fisica. Da lettore di solito immagino le voci di monologhi, dialoghi, discorsi: in questo caso no.

Il mio udito non è attrezzato a registrare il suono di quella voce diretta. Gli occhi, le ciglia possono solo sfiorare il verbale dello scambio tra la divinità e i suoi ascoltatori scelti. Non posso sapere se la voce che irrompe nell'udito di Avràm: «Vai vattene dalla tua terra... » sia un'esplosione interna del suo apparato acustico. Oppure se giunga da una fonte esterna attraverso l’ossicino chiamato labirinto.

Dov’essa si rivela si produce un centro. Lo immagino come il braccio fisso di un compasso. Intorno gira l’altro braccio a disegnare la circonferenza, che è la distanza fissa da quel centro. Da studente mi attirava la figura geometrica del cerchio. Conteneva il segreto del pi greco, il numero per misurare sia l'area che il perimetro, ed era un’approssimazione. Il cerchio non si lasciava calcolare del tutto.

Da lettore di quelle scritture sto in un punto qualunque di un'invisibile circonferenza. Al centro ci sono voci avvolte nel silenzio delle lettere di un alfabeto antico.

Nei Salmi leggo la domanda di Davide di essere ascoltato: «Rispondimi, poiché povero e misero son io» (86,1). Il tu rivolto qui alla divinità ha la forma verbale dell’imperativo. Ha più forza e insistenza di una supplica. Il pronome diretto, il tu frontale, supera la distanza e convoca la presenza di un ascolto. Anche qui per me lo scambio è avvolto nell'accorata temperatura del silenzio. Non so se Davide ottiene una risposta. So che sta chiedendo udienza urgente col massimo fervore. Il mio passaggio di non credente sopra queste righe è di chi può leggere le voci, non sentirle.

Da una distanza che non ammette scorciatoie m’immergo nel silenzio compatto dell’ebraico antico.


Erri De Luca 


Fonte: Avvenire 


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