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John Hick "La metafora del Dio incarnato. Ripensare Cristo in un’epoca pluralistica"

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John Hick 

La metafora del Dio incarnato

Ripensare Cristo in un’epoca pluralistica


presentazione online lunedì 7 aprile ore 20.30 con Paolo Gamberini sj e Debora Rienzi

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John Hick (1922-2012), filosofo e teologo della religione di fama internazionale, inglese di origine, ha insegnato negli Stati Uniti per la maggior parte della sua carriera. È stato membro dell'Institute for Advanced Research in Arts and Social Sciences dell'Università di Birmingham, in Inghilterra, professore di filosofia della religione alla Claremont Graduate School, in California. Nel 1977 ha ricevuto un dottorato onorario dalla Facoltà di Teologia dell'Università di Uppsala, in Svezia e nel 2011 dall'Università di Birmingham, qualche mese dopo che nella stessa era stato inaugurato il “John Hick Centre for Philosophy of Religion”. Hick ha tenuto le Gifford lectures del 1986-87, a Edinburgh, sviluppando la sua visione del pluralismo religioso, confluite poi nella pubblicazione: An Interpretation of Religion. Nel 1991 ha ricevuto il prestigioso Grawemeyer Award per la religione dall'Università e dal Seminario teologico presbiteriano di Louisville, KY (USA). 

Hick è autore di numerosi libri, spesso diventati classici nel loro settore, tra cui: A Christian Theology of Religions; Death and Eternal Life; Between Faith and Doubt: Dialogues on Religion and Reason; Evil And The God Of Love; The Myth of Christian Uniqueness: Toward a Pluralistic Theology of Religions (con Paul F. Knitter); The Myth of God Incarnate (di questo è il curatore); God Has Many Names. Gli ultimi due sono stati pubblicati anche in Italia: Il mito del Dio incarnato, Bastogi Libri (1988), Roma 2018; Dio ha molti nomi, Fazi, Roma 2014.

Coniugato e padre di quattro figli, Hick è stato per alcuni anni ministro della Chiesa presbiteriana d’Inghilterra, che diverrà poi Chiesa riformata unita (URC), e nell'ottobre 2009, sempre nella sua nazione, è stato accettato come membro della Società religiosa degli amici (Quaccheri). Con l’istituzione ecclesiastica ha avuto almeno due importanti controversie teologiche a motivo del suo innovativo pensiero.

È morto a Birmingham nel febbraio 2012, poco dopo aver festeggiato il suo novantesimo compleanno.

ESTRATTO DAL LIBRO di JOHN HICK “LA METAFORA DEL DIO INCARNATO. Ripensare Cristo in un’epoca pluralistica” (Gabrielli editori 2025)

Veniamo al personaggio storico che è al centro della discussione. Solitamente lo chiamo Gesù; perché non appena aggiungiamo il termine Cristo rimaniamo coinvolti nelle sue ambiguità. Il greco christòs traduceva l’ebraico messia, che significa “unto”, utilizzato in particolare dai re e senza alcuna connotazione di divinità. Nel primo cristianesimo Gesù veniva identificato come il nuovo unto da Dio della casa reale di Davide, che nella sua seconda venuta avrebbe inaugurato il grande Giorno del Signore. Tuttavia, poiché la seconda venuta non si verificò, Gesù fu gradualmente elevato a una condizione divina dalla Chiesa gentile, e “Cristo” divenne equivalente, nel significato, al “Figlio di Dio” pre-trinitario e, alla fine, al “Dio Figlio” trinitario. (…)

Il dogma cristiano che si è sviluppato, naturalmente non afferma in senso stretto che Gesù di Nazareth era Dio incarnato – nel senso del Dio delle Scritture ebraiche –, ma che era la seconda persona, incarnata, di una trinità divina. Pertanto, quando in queste pagine parlo dell’idea che Gesù fosse Dio incarnato sto seguendo un uso generale in base al quale “Dio incarnato” è un’abbreviazione di “Dio Figlio incarnato, seconda persona della santa Trinità”.

Attorno a questo tema centrale, si è sviluppato un insieme completo di credenze riguardanti il peccato originale e la colpa della specie umana: una lunga storia d’interventi divini miracolosi nel corso della storia ebraica; la nascita verginale di Gesù, i suoi miracoli, la sua morte espiatoria, la risurrezione corporea e l’ascensione; la Chiesa come il corpo dei redenti; il paradiso, l’inferno e il purgatorio nell’aldilà; e un sacco di altre questioni.

Questo insieme d’idee, che costituisce l’immagine con la quale i cristiani hanno a lungo inteso l’universo e il loro posto in esso, ha cominciato a essere messo a dura prova solo nel diciassettesimo secolo, mentre iniziava a formarsi la moderna visione scientifica del mondo.

Questo ha prodotto una dissonanza cognitiva che, verso la fine del diciannovesimo secolo, ha creato una spaccatura tra coloro che erano gradualmente giunti ad accettare la nuova conoscenza – nella quale l’evoluzione biologica e lo studio storico delle scritture erano le questioni più controverse – e coloro che, al contrario, hanno reagito con un’adesione più intensa alla loro minacciata visione del mondo.

Una divergenza così profonda dei punti di vista tra i cristiani è stata possibile perché la teologia è una creazione umana. (…)

Ora che l’ortodossia è cambiata, in risposta all’ineluttabile sfida della scienza moderna, è sorta un’altra sfida ugualmente grande e ugualmente ineluttabile. Mentre la prima derivava in gran parte da una nuova conoscenza del mondo naturale e della nostra continuità umana con esso, la seconda deriva da una nuova conoscenza del mondo religioso umano e della nostra continuità con esso. Questo pone domande sul nucleo teologico del cristianesimo che è emerso dai dibattiti ecclesiastici e dalle decisioni dei concili dei primi cinque secoli: cioè, che Gesù di Nazareth era Dio Figlio che viveva una vita umana. Infatti, da questo deriva la centralità mondiale del cristianesimo come l’unica religione fondata da Dio in persona. È qui che si percepisce la tensione. Infatti, la pretesa implicita o esplicita del cristianesimo di una superiorità unica, come punto centrale dell’attività salvifica di Dio sulla terra, appare sempre più implausibile per la nuova consapevolezza globale del nostro tempo.

Questa nuova consapevolezza globale ha indotto una maggiore sensibilità per la varietà di culture e di fedi all’interno della famiglia umana. Come conseguenza dell’esplosione delle informazioni sulle religioni del mondo nel ventesimo secolo e dell’espansione dei viaggi nel mondo a partire dalla Seconda guerra mondiale, come anche dell’immigrazione su larga scala in Occidente da aree musulmane, indù, sikh, buddiste, taoiste e confuciane, è diventato evidente a una parte sempre maggiore di occidentali istruiti che ciò che la fede cristiana è per il cristiano devoto, la fede islamica lo è per il musulmano devoto, la fede buddista per i buddisti praticanti, la fede indù per gli indù devoti, e così via. (…)

Inoltre, è ormai un’esperienza abbastanza diffusa che quando si conoscono seguaci di queste altre fedi che le praticano seriamente non li si trova meno sinceramente intenzionati a vivere in obbedienza a Dio o al dharma, meno amorevoli e compassionevoli verso i loro simili, o in qualche modo meno onesti, sinceri, generosi o premurosi, rispetto ai cristiani seriamente praticanti. Di nuovo, quando si osservano i grandi santi di queste tradizioni, non li si trova meno impressionanti dei nostri grandi santi cristiani. Né, ancora, quando si studiano le loro sacre scritture e la loro letteratura teologica, filosofica e mistica, si scopre che gli scritti cristiani siano di natura diversa o superiore rispetto a loro. Infine, quando si esaminano le lunghe storie delle grandi tradizioni e delle civiltà costruite su di esse, compresa la storia movimentata del nostro Occidente cristiano, si scopre che ognuna è stata una miscela stupefacente di grandi benedizioni e di tremendi mali, e che è impossibile stabilire che una di esse si sia sviluppata su un livello morale manifestamente superiore alle altre. (…)

È questa nuova consapevolezza pubblica che ha indebolito la credibilità del tradizionale senso di superiorità cristiano e ha posto quindi un punto di domanda sul suo nucleo teologico nel dogma che Gesù di Nazareth sia Dio incarnato. (estratto da John Hick, La metafora del Dio incarnato, Gabrielli editori, 2025, cfr. pp. 17-27).


Alcuni "assaggi"

(...) Si trovano più o meno difficoltà analoghe anche nel caso di Gesù. 
Nell’interpretare i quattro Vangeli, dobbiamo tenere conto della vita delle comunità cristiane nelle quali fede, idee, presupposti, pregiudizi e controversie si riflettono sia nei Vangeli stessi sia negli altri documenti del Nuovo Testamento. 

(...) Un ulteriore punto di ampio accordo tra gli studiosi del Nuovo Testamento è ancora più importante per comprendere lo sviluppo della cristologia. Si tratta del fatto che il Gesù storico non ha avanzato la pretesa di divinità che il pensiero cristiano successivo avrebbe rivendicato nei suoi confronti: egli non intendeva se stesso come Dio, o Dio Figlio, incarnato.

(...) Sebbene l’idea della kenosi o autosvuotamento divino risalga a Filippesi 2,5-11, il suo utilizzo per risolvere gli enigmi creati dal dogma delle due nature è piuttosto moderno.  

(...) L’antisemitismo non è iniziato con il cristianesimo; ma quando il cristianesimo è diventato la religione dell’impero romano la persecuzione degli ebrei, invece di terminare, si è presto intensificata.

(...) Il mito del Dio incarnato è il racconto del Figlio divino preesistente che scende nella vita umana, muore per espiare i peccati del mondo, rivelando così la natura divina, e ritorna nella vita eterna della Trinità. Il racconto mitico esprime il significato di un punto della storia in cui possiamo vedere la vita umana vissuta in risposta fedele a Dio e vedere la natura di Dio riflessa in quella risposta umana. 

(...) Per quanto riguarda Gesù, sembra molto probabile che egli si considerasse chiamato a svolgere il ruolo di profeta finale prima dell’imminente irruzione del regno di Dio sulla terra. Si trattava, per come egli poteva intenderlo, di un ruolo umano unico ed essenziale. Accettando la sua visione escatologica, la Chiesa primitiva attese in uno stato di frenetica aspettativa che egli tornasse come agente di Dio nell’ultimo giorno con gloria e potenza. 

INDICE 

Prefazione di Paolo Gamberini, S.J. 9


Prefazione dell’autore 13

1. Il punto di partenza di oggi 17

2. Vita, morte e risurrezione di Gesù 34

3. Da Gesù a Cristo 48

4. L’affermazione della divinità di Gesù da parte della Chiesa 63

5. Due nature, due menti? 71

6. Autosvuotamento divino? 87

7. Ulteriori problemi della kenosi 99

8. Effetti storici collaterali del dogma della Chiesa 109

9. Incarnazioni plurime? 120

10. L’incarnazione divina come metafora 121

11. Espiazione tramite il sangue di Gesù? 147

12. La salvezza come trasformazione umana 164

13. Salvezza/Liberazione come processi di portata globale 172

14. La verità cristiana e le altre verità 180

15. Il nuovo pensiero anglicano 192

16. Un nuovo pensiero cattolico 205

17. Cosa significa questo per le Chiese? 220

Bibliografia 237

Indice dei nomi e dei principali argomenti 251

La recensione di Ferdinando Sudati

“Il filosofo e teologo britannico John H. Hick è ricordato come una delle figure chiavi del dialogo interreligioso e della filosofia della religione del XX secolo”, scrive Paolo Gamberini nella Prefazione a questo libro. Pur avendo tre opere pubblicate in traduzione italiana, il nome di Hick non è ancora una presenza adeguata nel discorso dei nostri teologi o nella bibliografia da essi citata. Pertanto, l'impegno dell'editrice Gabrielli nel rendere disponibile al pubblico italiano il testo forse più significativo dell'autore, La metafora del Dio incarnato (Gabrielli editori, febbraio 2025, pp. 256, € 20), è altamente meritevole. Questo permetterà a nuovi lettori di scoprire l'importanza delle sue idee e a molti altri di riscoprirle, facendo sì che il suo nome diventi familiare in Italia.

Con La metafora del Dio incarnato, Hick propone una reinterpretazione della divinità di Gesù alla luce degli studi critici moderni della Bibbia e della teologia dogmatica, insieme alla crescente consapevolezza dell'interdipendenza tra le diverse religioni storiche mondiali.

Secondo Hick, "la definizione nicena di Dio-Figlio-incarnato è solo un modo di concettualizzare la signoria di Gesù, quello adottato dal mondo greco-romano di cui siamo eredi" (Hick 1977,168). Tuttavia, ritiene che "nella nuova era di ecumenismo mondiale in cui siamo entrati, è opportuno che i cristiani prendano coscienza del carattere sia facoltativo sia mitologico di questo linguaggio tradizionale" (ib.).

Il libro di Hick è stato anticipato, a grandi linee, nel capitolo 9 dell'opera collettiva da lui curata, Il mito del Dio incarnato (1977), che suscitò reazioni polemiche e, talvolta, indignate, con titoli che contrapponevano la parola "mito" usata da Hick a quella di "verità". Tuttavia, trovò anche molto consenso nell'ambiente teologico, contribuendo all'uso corrente della parola "mito" in riferimento ad alcuni aspetti del dogma cristiano. Sedici anni dopo, Il mito del Dio incarnato trovò un’espressione più matura nel libro di Hick, La metafora del Dio incarnato, questa volta interamente suo.

Il terreno per questa nuova opera era già stato preparato dal vescovo anglicano J.A.T Robinson, con la pubblicazione, nel 1963, di Honest to God, parole che figurano come sottotitolo anche nell’edizione italiana, mentre il titolo divenne: Dio non è così. Pubblicato in Italia nel 1965, ebbe tre edizioni nello stesso anno e ristampe successive. Nelle scuole teologiche e nei seminari, dove venne letto diffusamente, causò uno "stato di crisi" che si tentò di contenere con recensioni apposite, ma senza successo nel frenare il dibattito.

Hick ha rievocato, sebbene in misura minore, l"effervescenza dei tempi di Honest to God di Robinson. La polemica suscitata nel mondo anglosassone fu significativa, sebbene più contenuta, sia a livello accademico sia tra il pubblico in generale. Opere come quelle di Robinson e Hick sembrano destinate a liberare uno stato di crisi latente, con ripercussioni positive per il futuro del cristianesimo, almeno nel lungo periodo.

Il libro di John Hick arriva con perfetto tempismo in occasione dell’anno celebrativo del Concilio di Nicea (325-2025), ovvero i 1700 anni dalla prima assemblea ecclesiastica dichiarata ecumenica, cioè aperta a tutto il mondo allora abitato, anche se le Chiese rappresentate – a motivo della scelta fatta dall’imperatore Costantino della sede nicena, una delle sue dimore - furono soprattutto quelle mediorientali e nordafricane.

Benché l’opera di Hick tratti di Nicea solo marginalmente, può ottimamente servire da filtro culturale di quell’evento, aiutando a comprendere il problema teologico discusso e la soluzione adottata: la proclamazione della divinità di Gesù.

La metafora del Dio incarnato, contribuirà a superare le limitazioni imposte dal dogma di Nicea e, grazie alla vasta conoscenza delle grandi religioni orientali dell’autore, favorirà un confronto proficuo con esse. L’opera invita a considerare il cristianesimo in un contesto globale più ampio e diversificato, offrendo una indispensabile prospettiva per commemorare in modo significativo i XVII secoli dal Concilio di Nicea. Quanto ipotizzato da Hick in quest’opera rappresenta oggi una via percorribile per ripensare Nicea 325 e, se necessario, lasciarla alle spalle senza traumi né rimpianti. (Ferdinando Sudati)

La recensione di Roberto Beretta per VinoNuovoRivediamoci a Nicea




Presentazione del libro 
Lunedì 7 aprile ore 20.30 

🌎 PAOLO GAMBERINI SJ, teologo, autore di “Deus duepuntozero. Ripensare la fede nel post-teismo”

🌎 DEBORA RIENZI,  eremita, teologa, studiosa dell’interconnessione fra
teologia, scienze e spiritualità



Evento sul canale YouTube di Gabrielli editori (link) e sulla pagina Facebook (link) In collaborazione con l’Ass. Liberare l’Uomo


 

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