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Gino Cecchettin: “Quando ho voglia di vendetta penso a Giulia e mi passa. Ora lavoro per combattere la violenza di genere”

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A Repubblica delle Idee l’incontro con il padre della studentessa di 22 anni uccisa dall’ex fidanzato. 


“Mi sveglio tutte le mattine e passo davanti alla camera di Giulia. Soffro tantissimo, ma poi divento più forte e quando esco da quella stanza sono in grado di salire su un palco come questo e sono in grado di parlare, di contattare le Università per la Fondazione e sono in grado anche di andare a mangiare una pizza e di essere felice. Ho altre due figli e ho il dovere di essere forte. Voglio ricordare la mia Giulia e questo mi permetterà di essere potente e nessuno mi potrà dire di come vivere il mio dolore. Ognuno deve capire come vivere il suo”. 

Lo dice Gino Cecchettin, il papà di Giulia, la studentessa di 22 anni, uccisa lo scorso novembre in Veneto dal suo ex fidanzato, Filippo Turetta, dialogando con Viola Giannoli nel cortile d'Onore del Palazzo Reale a “Repubblica delle Idee”. Cecchettin parla del libro “Giulia. Quello che ho imparato da mia figlia” e del progetto della Fondazione. 

“Dopo il fatto avevo voglia di vendetta, ma poi mi sono concentrato su di lei che era amore ed è scomparso tutto il resto. Quando sentimenti di rabbia e vendetta iniziano a palesarsi mi concentro su di lei e ogni sentimento di odio svanisce. Per questo non ho voluto nominare Filippo. Nel libro volevo lasciare solo il bello. E non faccio “il firma copia”, scusatemi, perché per me è un memoriale”. 

L’omicidio di Giulia ha scosso il Paese e il 25 novembre del 2023 nelle scuole invece del minuto di silenzio promosso dal ministero è andato in scena un minuto di rumore per protestare contro il patriarcato. 

“Per me c’è ancora il tintinnio di chiavi sentito fuori dalla chiesa: sentire 10 mila chiavi tintinnare mi ha scosso e farò di tutto perché il tintinnio resti. Quando parliamo di 120 vittime in un anno, parliamo di una guerra. Sono 120 famiglie colpite”. 

Per Cecchettin “vanno analizzate le cause, non ho i mezzi per trovare la cura. Devo fare il mio dovere come tante altre persone. Sono stato colpito da una vicenda troppo forte e troppo ingiusta. Pensare che un altro papà possa vivere una cosa che ho vissuto non lo posso sopportare. Continuiamo a parlarne, aumentiamo il dialogo. Mai demordere. La speranza c’è sempre e io ci credo” . 

Cecchettin non incolpa le forze dell’ordine di quanto avvenuto ma “a livello di educazione si può fare di più e per questo con il libro vogliamo dare vita alla Fondazione”. Una fondazione aperta a docenti, giornalisti, educatori. 

“C’è un detto africano – dice il papà di Giulia - che recita: ‘se vuoi andare veloce corri da solo, se vuoi andare lontano corri in compagnia’. Stiamo cercando di coinvolgere quanti più professionisti per raccogliere fondi e combattere la violenza di genere. Con team di specialisti, avvocati, giornalisti che possano andare nelle scuole e formare i ragazzi. Nelle scuole abbiamo gli uomini del futuro”. 

Le accuse al patriarcato, in particolare quelle fatte con determinazione dall’altra figlia Elena, hanno scatenato anche attacchi contro la famiglia colpita dal dolore. Attacchi che oggi Cecchettin liquida così: “Il dolore subito per mia figlia è una montagna, quello per gli attacchi sono granelli”. 

Fonte: La Repubblica 


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