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La disparità di genere e le sue radici nella religione

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Raggiungere l’eguale dignità e le pari opportunità è la sfida che ogni società contemporanea combatte da sempre. Infatti anche le società che si definiscono democratiche o votate al progresso non sono estranee a forme di ingiustizia, un’ingiustizia che è retaggio di un antico passato, le cui radici sono proprio da ricercare nella tradizione religiosa.

Riflette sulle società di ieri e di oggi, confrontando i diversi territori con i diversi orizzonti religiosi e culturali, il libro “Religioni e parità di genere. Percorsi accidentati”, a cura dei professori Alessia Lirosi e Alessandro Saggioro Edizioni di Storia e Letteratura.

La dimensione religiosa può essere quindi considerata come espressione di una civiltà. Ma quanto la religione è stata funzionale all’ordine sociale costituito? E, soprattutto, qual è stato il rapporto tra i generi e le diverse istituzioni chiamate a definire dogmi e principi?
A rispondere a queste domande i vari saggi raccolti in questo volume. Analizzano il rapporto secolare tra donne e religione, intesa come sistema di pratiche, riti, credenze e norme che definiscono l’identità individuale. Questa relazione si ridisegna costantemente, in stretta connessione con il contesto storico e geografico e con le dinamiche di potere.

Ci auguriamo che la lettura di questo libro – scrivono i curatori- contribuisca ad ampliare la consapevolezza su tali questioni. Aiuti a promuovere la creazione di un terreno sempre più fertile sul quale costruire un maggiore rispetto reciproco tra le persone, in qualsiasi genere esse si riconoscano”.

La disparità di genere inizia dal corpo

Con un approccio interdisciplinare, “Religioni e parità di genere. Percorsi accidentati” vuole perciò approfondire la relazione tra religione, sessualità, identità, genere e corpo, così come le diversità di spazi e ruoli tra uomini e donne che emergono nelle “narrazioni” sacre, da quelle dello sciamanesimo a quelle dell’ebraismo, dal cristianesimo all’Islam, dal paganesimo antico fino al neopaganesimo contemporaneo.

In particolare sul corpo e sul fatto che quello delle donne possa essere considerato una questione collettiva, che non riguarda solamente la famiglia ma addirittura l’intera comunità, ne tratta Marianna Ferrara, docente all’Università di Roma La Sapienza. Partendo dall’India antica, dove l’aborto è considerato una rottura della linea di discendenza parentale, una inadempienza del patto simbolico che vincola il capofamiglia agli antenati e un reato contro la prosperità dell’intera comunità, il suo saggio “Donne a misura di dharma nell’India antica” offre l’opportunità per fare un parallelismo con l’attualità e le ultime novità in materia di interruzione di gravidanza.

Solo l’anno scorso, infatti, la Corte suprema degli Stati Uniti d’America ha abolito la tutela federale del diritto all’interruzione di gravidanza. Lascia così libero ciascuno Stato membro di decidere se (e come) limitarlo o vietarlo del tutto. Appena un anno prima, nel 2021, anche l’Europa faceva passi indietro per quanto riguarda il diritto all’aborto. In Polonia è infatti entrata in vigore una norma particolarmente restrittiva, basata anch’essa su una sentenza della Corte costituzionale polacca.

Superare i confini del sistema costituito

Quindi quando e in quali condizioni le donne sono state in grado di scegliere liberamente del proprio corpo e del proprio destino? Fino a che punto hanno introiettato regole e doveri imposti dall’esterno? A tali doveri si sono conformate oppure hanno provato a trasgredirli? Il professor Davide Torri, in “Corpi a margine. Alcune note su possessione e sciamanismo femminile in Asia tra questione di genere, Stati e religioni”, esamina il disagio psichico che nasce dal conflitto interiore e dalle critiche indirette al sistema costituito. Può manifestarsi con fenomeni visionari, esaltazioni mistiche, trance e forme di possessioni.

Una rivalutazione dei poteri magico-rituali attribuiti alle donne come sfida al monoteismo androcentrico e patriarcale è invece l’idea che racconta il saggio di Carmelo Russo dell’Università La Sapienza, “La riabilitazione dei poteri magico-rituali come strumento di emancipazione femminile. Suggestioni etnografiche dal Tempio della Grande Dea di Roma”. In particolare il professore si concentra su nuove forme di culto che sostengono una visione del mondo basata sulla cosmologia del sacro femminino, come la Grande Dea fondato a Roma nel 2016.

Infine Sergio Botta dedica il suo saggio alle donne che hanno superato i confini dell’ortodossia di riferimento e, per questo, sono state perseguitate e oppresse. In “Malinche, doña Marina, Malintzin. Mediazione e comunicazione nella Nuova Spagna e in Messico” parla però anche di come alcune possono diventare agenti di mediazione sia politica sia culturale.

L’idea di donna in tutte le religioni

Le singole donne sono portatrici di un senso più ampio di quanto indichi semplicemente il genere”, scrive nel suo saggio “Religione, genere e pari opportunità. Una riflessione teorica e un caso di studio” la professoressa dell’Università di Catania, Arianna Rotondo.

E questa idea di Rotondo è possibile riscontrarla in ogni cultura. Se gli antichi greci consideravano il genere una categoria fluida, costantemente negoziata, rinegoziata e rinegoziabile, come illustra Silvia Romani dell’Università degli Studi di Milano in “Farfalle nel tempio. Femminilità e religione nella Grecia antica”, ciò cambia per le donne cristiane. Sia la professoressa dell’Università di Roma La Sapienza, Emanuela Prinzivalli, in “Le molteplici forme della vita religiosa femminile dal I al VI secolo. Dall’ascetismo domestico delle origini alla prima regola monastica scritta per le donne” sia la docente dell’Istituto Teologico Marchigiano Selene Zorzi in “La vita religiosa dal Vaticano II ad oggi in prospettiva di genere” descrivono l’esperienza e i modelli di vita religiosa vissuti dalle donne dal momento della diffusione del messaggio di Gesù.

Invece illustra la lunga durata di una formula identitaria concepita al maschile e trasformata nel tempo, attraverso le tradizioni ellenistiche e poi ebraiche, in occasionale rivendicazione dell’identità femminile Margherita Mantovani nel saggio “Tre benedizioni della liturgia ebraica quotidiana”. Mentre Marina Caffiero, in “Donne ebree a Roma nell’età del ghetto”, sottolinea il ruolo centrale di queste donne, materiale e simbolico.

Infine la professoressa Leila Karami, in Donne d’Iran. Fonti, contesti e questioni giuridiche”, racconta la storia delle prime credenti islamiche, le mogli di Mu.ammad. Anch’esse hanno avuto un ruolo considerevole nella vita e nella missione profetica.

Fonte: ilgiornaledellambiente


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