Enzo Bianchi "Due cuori e una Chiesa"
31 luglio 2023
di ENZO BIANCHI
per gentile concessione dell’autore.
Nella tradizione biblica viene denunciato come male gravissimo l’avere “un cuore e un cuore”, un
cuore doppio, cioè vivere nella schizofrenia spirituale.
Eppure è una malattia molto attestata presso i credenti. Non si tratta solo della simulazione ipocrita
di chi fa una cosa mentre ne pensa un’altra, ma di pensare e operare in situazioni diverse con
atteggiamenti contraddittori. Un esempio. Molti cristiani si sentono in sintonia con il testo del
concilio che recita: “Come Cristo ha realizzato la sua opera di redenzione nella povertà e nella
persecuzione, anche la Chiesa è chiamata a prendere la stessa via” (Concilio Vaticano II, La chiesa
306). Per questo il discorso sui poveri non può esaurirsi in un generico invito a eliminare le forme
di povertà, ma esige anche che la Chiesa in prima persona sia povera: solo una Chiesa povera può
essere dalla parte dei poveri, come ha affermato papa Francesco. Eppure la Chiesa non solo non si
interroga sul suo stile di presenza nel mondo, ma continua a modellarsi come struttura parallela a
quella di uno Stato, soprattutto a livello giuridico e di diritto processuale penale.
L’immagine della Chiesa che ne risulta è molto distante dal “ma voi non così!” del Vangelo (parole
dette da Gesù ai discepoli sui dominatori del mondo), ma si verifica piuttosto un appiattimento su
modelli mondani. È così che all’inizio del millennio la gendarmeria pontificia si è dotata di armi
sofisticate per la difesa del Pontefice, il quale però continua a dire di non aver paura, di non temere
per la sua persona.
Sta di fatto che la Chiesa cattolica è l’unica Chiesa cristiana che possiede un corpo militare dotato
di armi da fuoco e questo non può certo aiutare il cammino ecumenico. Non si può continuare a
beatificare Tonino Bello e Luigi Bettazzi, vescovi poveri che hanno lottato per una Chiesa povera e
per la pace tra gli uomini, e poi contraddire non loro ma le esigenze del Vangelo che essi hanno
tentato di ricordare. Nei giorni scorsi, poi, abbiamo letto della richiesta di condanna di più di sette
anni di prigione per il cardinale Angelo Becciu. Che un cardinale possa aver commesso delitti
meritevoli di una pena del genere è poco credibile.
Conosciamo bene i cardinali: non accumulano denaro per sé e tutt’al più fanno errori finanziari per
superficialità e incompetenza. Ora una condanna del genere, oltre all’aver riaperto in Vaticano la
prigione, non fornisce un volto evangelico all’istituzione. Risuona come dissonante da un lato la
condanna e dall’altro la misericordia predicata, da un lato la punizione e dall’altro il perdono
cristiano. Non sappiamo come andrà a finire il processo, ma anche se si arrivasse a un’assoluzione
ciò che abbiamo visto ci turba perché lo sentiamo in contraddizione con la vita ecclesiale. Avere “un
cuore e un cuore” è possibile solo a chi vive il cristianesimo come una via burocratica, per cui non
nutrendo per il Vangelo passione alcuna non soffre se è contraddetto, cosa che è anche peggio del
mancare di giustizia e verità.