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Rosanna Virgili "La sfida del Sinai, un Dio vicino"

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Sui passi dell’Esodo
a cura di 
8 Giugno 2020

Giungiamo al cuore del libro dell’Esodo, che è anche il cuore della Bibbia, di quello che, per i cristiani, è l’Antico Testamento. Dopo la prima esperienza di deserto, il popolo scappato dall’Egitto arriva alle pendici di un monte che diventerà famoso: il Sinai. Un luogo che non è nuovo per Mosè perché proprio lì – tempo prima – egli aveva udito la voce del Signore uscire da un roveto che ardeva senza consumarsi. Lì tutto era iniziato. Come in un viaggio di ritorno, Mosè sale sul monte e il Signore lo chiama ancora verso di sé. Tu farai una proposta ai figli di Abramo che vagano smarriti senza meta né pace: volete diventare il popolo di Dio? Un “regno” di consacrati a Lui, una nazione santa. «Se darete ascolto alla mia voce e custodirete la mia alleanza» (19,5) voi lo sarete. Volete riconoscere e decidere che avete bisogno di un compagno, un alleato, un padre, un amico fedele, uno Sposo che si prenda cura di voi e che vi conceda di abitare in un angolo libero del mondo? In un paese dove potrete restare felici e senza paura? Volete essere la mia “seghulla”, la mia parte, il mio angolo di paradiso nel mondo?

Sì, Dio chiede a Israele di diventare una sorta di “giardino” dove Egli stesso possa passeggiare! Come sarà spiegato nella metafora del Cantico dei Cantici, da parte dello Sposo: «Son venuto nel mio giardino, sorella mia, sposa!», così vorrebbe fare il Signore con questi poveri ebrei, fuggiti dal paese più ricco e più feroce del mondo di allora, senz’arte né parte, nudi, stracciati, affamati e assetati. Vorrebbe fare di loro la Sua Sposa. Sul Sinai si prepara, dunque, un vero e proprio rito di nozze. Dio si presenta nella pienezza della sua bellezza e della sua gloria: il luogo dove abita – la sommità del Sinai – appare come una rossa fornace e tutto il monte “tremava molto” del fuoco di Dio che lo scuoteva. Possiamo pensare a qualcosa di simile allo stupendo spettacolo dell’Etna, quando la sua attività è in pieno corso e i lampi, i tuoni, i bagliori della lava, assumono dei colori stupendi e possiamo immaginare quindi anche il timore e tremore che attraversava il cuore degli ebrei, dinanzi all’apparire di Dio.

Ma dall’alto della Teofania, il Dio dell’esodo scende e parla la lingua umana e di Lui tutti possono udire la Voce. «Io sono il Signore tuo Dio che ti ho fatto uscire dalla terra d’Egitto, dalla condizione di schiavitù» (20,1). Il Signore maestoso e tremendo del Sinai si rivela un “emmanuele”: un Dio con noi. Un Dio vicino, prossimo, pronto a riprendere il cammino. Non un Dio avvolto nel potere e nel mistero, geloso della Sua Maestà, ma un Dio che rivolge parole, che dà a Israele la dignità dell’interlocuzione. «Non avrai altro dio all’infuori di me» è il suo primo precetto. Non ti farai idolo alcuno. Si tratta di acquisire maturità nell’amarsi: il primo idolo, infatti, siamo noi stessi. Amare Dio significa legarsi a Lui, rinunciare al narcisismo, all’orgoglio, alla vanagloria. L’amore di se stessi è l’ostacolo più grande all’Amore vero. È questa la grande sfida del Sinai.
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