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Atei di statura, televisivi e liquidi (G.Ravasi)

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In viaggio nell'Irlanda del Nord, Giulio Giorello, giunto a sera in una cittadina di campagna, chiese ospitalità per la notte a una famiglia. Subito scattò la domanda: «Cattolico o protestante?». «Per trarmi d'impiccio, risposi: Ateo!». Un attimo di silenzio perplesso, poi, un'altra domanda: «Sì, ma ateo cattolico o ateo protestante?». Questo divertente ma significativo apologo che il filosofo milanese racconta in apertura al suo Senza Dio, pubblicato qualche mese fa da Longanesi e già recensito su queste pagine da Remo Bodei, mi fa venire in mente una coppia di dichiarazioni di due filosofi dai percorsi differenti. 
Da un lato, il nostro Pantaleo Carabellese, l'alfiere dell'«ontologismo critico», morto nel 1948, che affermava: «L'esistenza di Dio è un problema che da una parte non si dimostra, ma dall'altra non si sopprime». D'altro canto, invece, il filosofo francese contemporaneo Jean-Luc Marion, col quale ho spesso parlato di simili questioni, che confessava: «Ciò che stupisce non è la nostra difficoltà a parlare di Dio, ma la nostra difficoltà a tacere di lui».
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