Daniel Attinger Vivere il nostro Battesimo!
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Predicazione di domenica 23 luglio 2017 su Romani 6,3-11 e Matteo 28,16-20 a cura di Daniel Attinger, pastore riformato e monaco di Bose
VIVERE IL NOSTRO BATTESIMO!
Romani 6,3-11
3 O ignorate forse che tutti noi, che siamo stati battezzati in Cristo Gesù, siamo stati battezzati nella sua morte? 4 Siamo dunque stati sepolti con lui mediante il battesimo nella sua morte, affinché, come Cristo è stato risuscitato dai morti mediante la gloria del Padre, così anche noi camminassimo in novità di vita. 5 Perché se siamo stati totalmente uniti a lui in una morte simile alla sua, lo saremo anche in una risurrezione simile alla sua. 6 Sappiamo infatti che il nostro vecchio uomo è stato crocifisso con lui affinché il corpo del peccato fosse annullato e noi non serviamo più al peccato; 7 infatti colui che è morto è libero dal peccato. 8 Ora, se siamo morti con Cristo, crediamo pure che vivremo con lui, 9 sapendo che Cristo, risuscitato dai morti, non muore più; la morte non ha più potere su di lui. 10 Poiché il suo morire fu un morire al peccato, una volta per sempre; ma il suo vivere è un vivere a Dio. 11 Così anche voi fate conto di essere morti al peccato, ma viventi a Dio, in Cristo Gesù.
Matteo 28,16-20
16 Quanto agli undici discepoli, essi andarono in Galilea sul monte che Gesù aveva loro designato. 17 E, vedutolo, l'adorarono; alcuni però dubitarono. 18 E Gesù, avvicinatosi, parlò loro, dicendo: «Ogni potere mi è stato dato in cielo e sulla terra. 19 Andate dunque e fate miei discepoli tutti i popoli battezzandoli nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, 20 insegnando loro a osservare tutte quante le cose che vi ho comandate. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, sino alla fine dell'età presente».
Cari fratelli e sorelle,
Siamo ancora riuniti per ascoltare la Parola del Signore. E quella di oggi – proposta per questa domenica dal Lezionario della Chiesa valdese – è veramente una parola di consolazione e di conforto perché ci promette la continua presenza di Cristo con noi; ma è anche parola che ci interpella, perché ci invita a guardare alla nostra realtà con un occhio diverso dal solito.
Le due letture che abbiamo ascoltato ci invitano a prolungare la nostra riflessione sulle conseguenze, per la nostra vita, della Pentecoste e del dono dello Spirito santo. La Pentecoste infatti è stata iscritta in noi, nella nostra carne mediante il battesimo. Che siamo stati battezzati da bambini o da adulti non ne cambia fondamentalmente la realtà, perché è parere più o meno comune oggi in tutte le Chiese che il battesimo non è solo quell’atto, accompagnato da una parola ispirata dall’evangelo che abbiamo appena ascoltato, in cui siamo stati immersi nell’acqua, o ci è stato versato un po’ di acqua sulla testa. Il battesimo è un processo, sigillato da quell’atto, che dura tutta la vita e non coinvolge solo il battezzato, ma anche la sua famiglia, il padrino e la madrina e l’insieme della comunità cristiana.
La lettera di Paolo ai romani ne esprime il contenuto essenziale. Paolo, certo, non è mai facile e occorre talvolta rileggerlo più volte per comprendere ciò che vuol dire: è segno che Paolo prende sul serio i suoi lettori e vuol dare loro dei contenuti densi e ricchi di significato che li facciano riflettere.
Allora, riflettiamo un momento sul nostro battesimo. Iniziamo col rilevare che non è frequente sentire un cristiano riflettere sul suo battesimo: per gli uni – particolarmente per quelli più anziani – il battesimo va da sé: trenta, quarant’anni fa, era ovvio che tutti fossero battezzati: “mica siamo pagani!”. Allora, si era battezzati come si era vaccinati, si andava a scuola o – per i ragazzi – si faceva il militare!
Oggi, le cose son cambiate. Da una parte, volendo forse dare maggior peso al battesimo, si tende a pensare che è il battezzato che si deve assumere la responsabilità del battesimo, per cui i genitori preferiscono spesso rimandare il battesimo. D’altra parte però, siccome la dimensione della fede è sempre più limitata alla sfera privata, personale e individuale, e non si capisce più bene cosa sia il battesimo, la prospettiva della fede cristiana non è più presentata ai giovani ed essi non si trovano più in grado di poter realmente scegliere. Per loro il mondo senza fede cristiana è l’ambiente in cui vivono, e le sole cose che sentono sulla fede cristiana e la Chiesa, sono le beghe ecclesiastiche o gli scandali che i giornali sono troppo felici di poter diffondere, possibilmente in scoop a effetto. Eppure, i giovani sono anch’essi in cerca di una dimensione “altra” che dia senso alla loro esistenza. E vanno a cercarla in pensieri esoterici o orientali …
È quindi urgente, credo, che le Chiese, vale a dire le singole comunità e le persone che le compongono, cioè noi, riusciamo ad esprimere la nostra fede, non più solo con dei concetti dottrinali espressi in libri che vengono sempre meno letti, ma in uno stile di vita che si possa vedere, anche fuori dalle mura dei luoghi di culto, delle singole chiese o delle cappelle. E questo stile di vita deve manifestare che in noi, nel battesimo, è avvenuto un passaggio dalla morte alla vita! Ecco ciò che sottolinea Paolo! Mentre tutto nel mondo ci ricorda e ci spinge a pensare che tutto vada inesorabilmente verso la morte, la disintegrazione e il disfacimento, il battesimo proclama – anzi non solo proclama, ma suscita, effettua – in noi un movimento inverso: l’esistenza del cristiano inizia con la morte per andare verso una vita in pienezza di cui la nostra vita terrestre è l’inizio e l’assaggio:
Siamo stati sepolti con Cristo mediante il battesimo nella sua morte, affinché, come egli è stato risuscitato dai morti mediante la gloria del Padre, così anche noi camminassimo in novità di vita.
Se siamo stati “sepolti” con Cristo, ciò implica in un primo tempo che siamo “liberi dal peccato”. Un morto infatti non pecca più! Ma è forse possibile non peccare più? No, certo … tuttavia possiamo cercare di non lasciarci ingannare da tutte le sollecitazioni e tentazioni che incontriamo. Dobbiamo sapere che in noi vi è una forza che ci consente di dire di no al peccato. E peccato c’è ovunque vorremmo che Dio non metta il suo occhio! D’altra parte, se siamo stati sepolti con Cristo, non siamo ancora risorti con lui; la nostra propria resurrezione resta futura, ma già percettibile in ciò che Paolo chiama una “novità di vita”. Cosa però significa “camminare in novità di vita”?
In un altro testo dell’evangelo secondo Matteo, Gesù si rivolge ai suoi uditori e dice loro:
Se sapeste che cosa significa: “Voglio misericordia e non sacrificio”, non avreste condannato gli innocenti”(Mt 12,7).
Abbiamo qui, credo, un vero elemento di novità di vita. La vita cristiana non consiste in sacrifici o in buone azioni da compiere verso gli altri, non si tratta di cercare sempre di essere un “modello di vita”. Dio non ci chiede di essere perfetti … Lui solo lo è! Ci chiede fondamentalmente di imparare da Lui a guardare agli altri con occhi di misericordia e di tenerezza. Come abbiamo bisogno di sentirci amati, così pure gli altri – quali che siano – hanno bisogno di sentire che qualcuno li ami. Questo possiamo cercare di vivere.
Se Gesù ci chiede di fare di tutti i popoli dei discepoli, battezzandoli nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo e insegnando loro a osservare tutte quante le cose che ci ha comandate, come abbiamo letto nell’evangelo di oggi, ci chiede prima di tutto di far vedere a quelli in mezzo ai quali viviamo e che vivono con noi, che vale la pena vivere da cristiani. Allora, saranno loro stessi a chiedere di poter condividere con noi qualcosa della bontà della vita cristiana. Questa bontà sta nella consapevolezza che il Signore Gesù è con noi tutti i giorni, fino alla fine dell’età presente, non già per giudicarci, ma per amarci, poiché, nella sua passione di amore per noi, è andato fino a dare la propria vita per noi.
A Lui, come al Padre e allo Spirito santo, Dio uno e santo, ogni lode e gloria per sempre.
Amen.