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Casati - 4 novembre 2012 XXXI Tempo Ordinario

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Dt 6,2-6
Eb 7,23-28
Mc 12,28b-34

Sembra di cogliere un moto di simpatia in Gesù per questo scriba che lo interroga sul primo comandamento, il primo di tutti.
Sembra di cogliere uno sguardo di simpatia: "Non sei lontano dal Regno di Dio". Era rimasto incantato quello scriba dall'intelligenza, l'eleganza con cui Gesù era sfuggito alla domanda-trabocchetto dei farisei sul tributo a Cesare: "Quello che è di Cesare datelo a Cesare, ma a Dio quello che è di Dio", e poi alla domanda-trabocchetto dei sadducei sulla risurrezione: "Dio non è un Dio di morti, ma di viventi". C'era qualcosa di nuovo nel modo di porsi di quel Rabbì di Nazaret, qualcosa di inaudito, un fascino segreto. Davanti a uno così ti viene spontaneo chiedergli che cosa è, nella fede, la cosa più importante per lui, che cos'è il cuore, il cuore di tutto. Anche a noi, alla penultima domenica dell'anno liturgico, dopo essergli andati dietro per un anno, viene quasi spontaneo porre la domanda dello scriba: "Ma, alla fine, che cosa è importante, più importante per te?". Che cosa è importante -dice il libro del Deuteronomio- non per un giorno, ma per tutti i giorni, importante non solo per te, ma anche per tuo figlio, e non solo per tuo figlio, ma anche per il figlio di tuo figlio? E Gesù, da buon ebreo, trova due testi nelle Sacre Scritture, e li avvicina, primo e secondo comandamento in continuità, l'uno nell'altro: amare Dio con tutto il cuore, amare il prossimo come se stessi. Ma forse anche noi, anch'io, siamo scivolati via troppo velocemente sulle parole di Gesù. Di Gesù che, da buon ebreo, fa precedere il comandamento di amare - com'è nella tradizione ebraica - dal comandamento di "ascoltare": "Ascolta Israele, il Signore nostro Dio è unico Signore... amerai il Signore Dio tuo...". Vorrei indugiare con voi su questa precedenza che ha fatto dire a qualcuno che la religione, la fede dei nostri padri, è una religione, una fede dell'ascolto. E tu sei credente, sulle orme dei padri, se sei uomo, se sei donna dell'ascolto. "Ascolta, Israele, il Signore nostro Dio è unico Signore...". L'invito è a interrogare la storia. Interroga la storia, Israele, e ascolta: c'è forse qualcuno che ha fatto per te le cose che ha fatto il tuo Dio? Per te è unico... per questo lo amerai con tutto il cuore. Voi mi capite, il comando di amare potrebbe sembrare a prima vista un controsenso. Qualcuno giustamente potrebbe chiedersi: ma si può comandare l'amore? E, infatti, come si può amare uno che non si conosce? E come si può conoscere qualcuno se non l'ascolti? Ascolta dunque, Israele: la storia del tuo Dio è scritta nel libro sacro, è scritta nelle pagine della storia dell'umanità, è scritta nella vita e nella morte, nella risurrezione di Gesù... Ascolta! Di conseguenza: amerai. Amerai con tutto il cuore. E anche su questo verbo che unisce i due comandamenti, che fa l'unico comandamento, il verbo "amare", vorrei indugiare brevemente. Amare è il comandamento primo. Noi spesso scivoliamo sul fare, sulle cose da fare. E i nostri esami di coscienza sono sulle cose fatte o non fatte. Amare appartiene a una sfera più segreta, più intima, amare mette in moto il cuore. Amare dice un esserci, un esserci non solo fisico, ma con la mente e il cuore: "Amarlo con tutto il cuore e con tutta la mente e con tutte le forze...". Non dico -voi mi capite- che non contino le azioni: l'amore per sua natura diventa gesto. Ma non sempre i gesti sono abitati, non sempre le azioni, le giornate sono abitate dall'amore. Neanche i gesti religiosi. E Gesù sottoscrive la precedenza sottolineata dallo scriba, ma anche dai profeti: "amare ... Dio e il prossimo... vale più di tutti gli olocausti e i sacrifici". Sembra di dire cose ovvie. Forse non lo sono, se si pensa che noi abbiamo indotto la gente a confessarsi di non aver partecipato alla Messa, per aver voluto assistere i malati o per aver voluto ascoltare uno che aveva bisogno assoluto di essere ascoltato. Salva la precedenza evangelica, la precedenza dell'amore o, paradossalmente, la precedenza dell'ascolto. Quante volte si dice di amare e non si ascolta, con l'inganno di suggerire, o fare per gli altri le cose che abbiamo in mente noi. Prima ascolta. Poi dirai. Poi farai. Dirai e farai senza sbagliare, o, forse, sbagliando un po' meno.
Fonte:sullasoglia
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