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Paolo Crepet «Non siamo più in grado di ascoltare i nostri figli. L’intelligenza artificiale uccide le idee»

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intervista a Paolo Crepet 

a cura di Fabio Gervasio 

Orizzonte scuola 15 giugno 2024

Siamo ancora in grado di ascoltare e supportare i nostri giovani? Ne abbiamo parlato con Paolo Crepet, psichiatra e sociologo.

Professor Crepet, Qualche anno fa Lei ha scritto il libro “Non siamo capaci di ascoltarli”, oggi ancora di più di ieri. Da cosa nasce questa incapacità all’ascolto dei nostri ragazzi? 

Da “Non siamo capaci di ascoltarli” ad oggi sono passati una decina di libri, molti anni, e adesso sta per uscire il nuovo libro per Mondadori “Mordere il cielo”, che è un libro che parla molto, con punti di vista diversi da allora, di ciò che riguarda il rapporto tra le generazioni, del mondo che stiamo costruendo per i ragazzi e così via. Credo ce le paure contenute in quel libro, ormai lontano, siano più che legittime oggi, anzi, per certi versi il libro “Mordere il cielo”, che uscirà il 25 di giugno, è un libro molto più arrabbiato, con compostezza, con gentilezza, ma arrabbiato. 

Leopardi ha scritto l’infinito appena ventenne, Einstein a 26 anni ha formulato la teoria della relatività, Zuckerberg ventenne realizza Facebook, oggi sembra più difficile che un giovane “crei” qualcosa magari dentro un garage. Cos’è cambiato? 

Non creeranno più nulla a quell’età, innanzitutto perché non ci sono più i garage, poi perché non ci sono più le idee. Le idee stanno scomparendo, perché l’intelligenza artificiale uccide le idee, nel senso che moltiplica le idee che già ci sono. È come un menù che non si rinnova ma che mette, ad esempio, l’amatriciana al posto delle penne all’arrabbiata e poi il contrario, ma è sempre quello il menù. L’intelligenza artificiale non può sorprendere ma distribuisce, in maniera intelligente, ciò che c’è, ma l’innovazione, che non c’è, non so chi la darà se non c’è. Zuckerberg ha tutte le ragioni a preoccuparsi, perché lui a vent’anni ha fatto qualcosa, se per quello Musk l’ha fatto a diciassette, e così via, questo per dire che tutto il mondo digitale è nato molto prima dei vent’anni. Altman, che è cofondatore di OpenAI, che è la più grande azienda di intelligenza artificiale al mondo, ha detto che i manager della Silicon Valley oggi hanno tutti più di trent’anni, che è una sconfitta, cioè loro hanno fatto un autogol. 

Gli adulti di oggi hanno paura e vogliono controllare costantemente i loro figli, decidono per loro in tutto, a volte condizionandoli e facendoli credere che è quello che vogliono, che è meglio per loro. Cosa stiamo sbagliando?

I genitori tendenzialmente hanno tutti tentato, in un modo o nell’atro, di condizionare i propri figli, nel senso che il contadino voleva che il proprio figlio rimanesse in stalla, o nell’officina di moto del padre, così come l’avvocato che lasciava lo studio al figlio avvocato, questo è sempre successo, da decenni, il problema è che prima molti si ribellavano, noi avevamo raggiunto una quota parte di ribellione intorno al 40/50%, che era altissima, di numero di giovani che non facevano il lavoro dei padri, non continuavano le attività di famiglia, adesso purtroppo questo numero è calato, c’è molta più insicurezza, conservazione, per cui i ragazzi e le ragazze si adattano a fare quel lavoro lì, semmai ne volessero fare uno nuovo l’unica cosa che gli viene in mente e di voler fare l’influencer. In ogni caso non c’è una visione a medio termine, questo è il grande problema. Noi stiamo incredibilmente ripercorrendo il cammino dei nostri pionieri romani, nel senso che i romani vivevano giorno per giorno, perché vivevano poco, invece noi che campiamo novant’anni continuiamo a fare come i romani che ne campavano trenta, questo mi sembra un po’ bizzarro. 

Lei è in tour per i teatri italiani con “prendetevi la luna”, che è anche il titolo di un suo libro, ed è un messaggio di coraggio per i ragazzi ad affrontare la vita prendendo delle decisioni senza aver paura di sbagliare, perché sbagliare è una delle opportunità ed anche i fallimenti aiutano a crescere. È così? 

Direi che è evidentemente così, però poi la gente ragiona in maniera diversa. È un po’ complicato affermare che bisogna sapere che cos’è una sconfitta, che si può sbagliare, che si può prendere un quattro a scuola e non succedere niente e così via. Sarebbe ovvio se lo diciamo io e lei, però se lo diciamo ad un pubblico più allargato quest’ovvio non lo è più, perché, ad esempio, questa mattina qualcuno ha avvisato l’avvocato per fare ricorso al TAR perché forse suo figlio sarà bocciato. Sono tutte ovvietà che diventano eresie in un mondo di idioti.


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