Vito Mancuso e Carlo Petrini "La Chiesa da Francesco a Leone e il bisogno di ascoltare le nostre paure"
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All'evento di presentazione della nuova grafica de La Stampa a Torino, Vito Mancuso, teologo e saggista e Carlo Petrini, fondatore di SlowFood, hanno dialogato su come si trasforma la Chiesa con Papa Leone XIV. Ha moderato l'incontro Giacomo Galeazzi, vaticanista de La Stampa.
di Miriam Massone
La Stampa 5 giugno 2025
Nella vita e nella fede non siate tiepidi. Non praticate, come danteschi ignavi, l'arte del
compromesso di basso profilo, ma il suo contrario, «l'onestà intellettuale». Lo dice l'Apocalisse e lo
ricorda il teologo Vito Mancuso: «Magari tu fossi freddo o caldo! Ma poiché sei tiepido, sto per
vomitarti dalla mia bocca». Una citazione, che è anche dichiarazione d'intenti e metodo di lavoro, e
segna il ritmo del dialogo con Carlo Petrini, fondatore di Slow Food, su una Chiesa profondamente
in crisi e in trasformazione.
Da Papa Francesco a Papa Leone XIV, i due editorialisti de La Stampa, "anti-tiepidi", confidano
ricordi e offrono una bussola per provare a non smarrirsi in un mondo sempre più buio e privo di
riferimenti spirituali, tra passato e presente: «Non è mai successo nella storia dell'uomo di ritrovarsi,
come oggi, in una società senza religione» dice Mancuso, sollecitato dal vaticanista Giacomo
Galeazzi, che gli chiede conto dell'attuale pontificato, sul palco dell'evento per il lancio della nuova
veste grafica de La Stampa. «Oggi non sappiamo dove attaccare il nostro cuore, nemmeno le nostre
paure», avverte Mancuso. Non sanno intercettarle «i politici, né gli intellettuali». Annaspiamo in un
mare di ansia, violenza, guerre, senza pace né senso. Un vuoto che la Chiesa «potrebbe colmare, se
facesse bene il proprio compito. Almeno, questo è il ruolo della religione». Ma il problema «è che
oggi la Chiesa è in crisi. Crisi. Crisi», lo ripete tre volte: «Il cristianesimo ormai è in agonia».
Eppure quel cuore, in perenne pena, Francesco, il «papa della gente», riusciva a vederlo e
accarezzarlo. «Più vicino ai lontani che ai vicini», ricorda Galeazzi alludendo ai contrasti interni
alla Chiesa, di cui è stato oggetto, ma anche alla sua straordinaria popolarità ed empatia con gli
ultimi, Papa Bergoglio era solito a chiamate inattese.
L'ha fatto anche con Petrini: «Nell'ottobre del 2013, ero a Parigi. Suona il telefono, numero
sconosciuto, rispondo. Sono Papa Francesco. E io Carlin Petrini, piacere. Abbiamo parlato venti
minuti, di economia di sussistenza: eravamo entrambi d'accordo sul fatto che le nostre società
l'avessero accantonata troppo precipitosamente in favore di un'economia dell'accumulo il cui unico
effetto è creare disuguaglianze insanabili». Da quella chiacchierata è cominciata una lunga amicizia.
Sullo sfondo, le origini piemontesi in comune, e le radici contadine a far da collante.
Spesso parlavano in dialetto: «Gli ho raccontato anche di mia nonna, che aveva sposato un
comunista e quando il prete, saputo che votava come il marito, non voleva darle l'assoluzione lei gli
disse: "Allora se la tenga!"». Consapevolmente non pago, Petrini, che definisce «Cristo, il primo
socialista», rincara: «Gli ho rivelato poi un proverbio delle mie parti: "Chi fa come il prete dice, va
in paradiso: ma chi fa come il prete fa, a casa del diavolo se ne va"». Risposta? «A quel punto mi ha
detto: "Beh, sì, in effetti questo è un po' anticlericale, ma comunque anche il Vangelo ne parla...» di
chi predica bene e razzola male.
Impossibile, tuttavia, e forse anche ingiusto, cadere nella tentazione di paragonare i due Papa,
caratteri e profili così diversi. Un giudizio su Leone XIV? Mancuso sospira e sorride, glissa sulla
telefonata tra il nuovo pontefice e Putin (di cui gli si chiede una interpretazione) e si concentra
piuttosto sui "desiderata", su quelle che ritiene siano, cioè, le doti imprescindibili, oggi, per ridare
una direzione alla Chiesa e aiutare il cristianesimo ad uscire dall'agonia: «Come si giudica un Papa?
Sulla base della sua capacità di essere governante della Chiesa o sulla sua capacità di essere profeta
di un mondo che ha bisogno di speranza e anche di disciplina? Perché non si tratta solo di
rassicurare, ma si tratta anche di non essere tiepidi, appunto, di saper battere i pugni sul tavolo, di
saper dire bene e male, di saper richiamare. E riuscire a parlare di "genocidio", Francesco l'ha
fatto».
Francesco, primo fra tutti, ha anche compreso l'importanza della cura verso l'ambiente, verso quella
Madre Terra che, a parole invertite, è la missione di Petrini: «Il Papa mi raccontò che nel 2007 era
stato alla conferenza episcopale dei vescovi latino-americani e di fronte ad alcuni prelati che
parlavano di ambiente, deforestazione e sfruttamento delle risorse, si era chiesto dove si trovasse.
Ma non dovremmo parlare di spiritualità? Otto anni più tardi scriveva Laudato sì». Il ricordo più
bello? «Il sinodo panamazzonico, in cui vidi Bergoglio accogliere le battaglie degli indigeni e delle
donne che reclamavano più spazio».
Petrini, l'agnostico dichiarato. E Mancuso è cristiano? «Senza il cristianesimo non sarei quello che
sono, ma il cristianesimo non mi definisce e penso che questo sia il compito della spiritualità nel
nostro tempo».