Ronchi - 12 maggio 2013 Ascensione del Signore
«Ed ecco, io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall'alto». Poi li condusse fuori verso Betània e, alzate le mani, li benedisse. Mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, in cielo. Ed essi si prostrarono davanti a lui; poi tornarono a Gerusalemme con grande gioia e stavano sempre nel tempio lodando Dio.
Chi è colui che sale al cielo? È il Dio che ha preso per sé il patire per offrirmi in ogni mio patire scintille di risurrezione, squarci di luce nel buio più nero, crepe nei muri delle prigioni: mio Dio, esperto di evasioni! (M. Marcolini).
Che ha preso carne nel grembo di una donna rivelando la segreta nostalgia di Dio di essere uomo. Che ora, salendo in cielo, porta con sé la nostra nostalgia di essere Dio.
Li condusse fuori verso Betània e, alzate le mani, li benedisse. Mentre li benediceva, si staccò da loro. Una lunga benedizione sospesa in eterno tra cielo e terra è l'ultima immagine di Gesù. Testimone che la maledizione non appartiene a Dio.
Io non sono degno, eppure mi benedice. Dio dice bene di me! Io gli piaccio! Così come sono, gli piaccio! Dice bene di me e mi augura il bene: nelle mie amarezze e nelle mie povertà io sono benedetto, in tutti i miei dubbi benedetto, nelle mie fatiche benedetto...
Gesù lascia un dono e un compito: predicate la conversione e il perdono. Conversione: indica un movimento, un dinamismo, l'uscire dalle paludi del cuore inventandosi un balzo. Significa il coraggio di andare controcorrente, contro la logica del mondo dove vincono sempre i più furbi i più ricchi i più violenti. Come fanno le beatitudini, conversione che ci mette in equilibrio, in bilico tra terra e cielo.
Annunciare il perdono: la freschezza di un cuore rifatto nuovo come nella primavera della vita. La possibilità, per dono di Dio, di ripartire sempre, di ricominciare, di non arrendersi mai. Io so poche cose di Dio, ma una su tutte, e mi basta: che la sua misericordia è infinita! Dio è una primavera infinita. E la nostra vita, per suo dono, un albeggiare continuo.
La conclusione del racconto è a sorpresa: i discepoli tornarono a Gerusalemme con grande gioia. Dovevano essere tristi piuttosto, finiva la presenza, se ne andava il loro amore, il loro amico, il loro maestro.
Invece no. E questo perché fino all'ultimo giorno Lui ha le mani che grondano doni. Perché non se ne va altrove, ma entra nel profondo di tutte le vite, per trasformarle.
È la gioia di sapere che il nostro amare non è inutile, ma sarà raccolto goccia a goccia e vissuto per sempre. È la gioia di vedere in Gesù che l'uomo non finisce con il suo corpo, che la nostra vita è più forte delle sue ferite, che la carne è fatta cielo.
Che non esiste nel mondo solo la forza di gravità che pesa verso il basso, ma anche una forza di gravità che punta verso l'alto, quella che ci fa eretti, che mette verticali la fiamma e gli alberi e i fiori, che solleva maree e vulcani. Ed è come una nostalgia di cielo. Cristo è asceso nell'intimo di ogni creatura, forza ascensionale verso più luminosa vita.
(Letture: Atti 1,1-11; Salmo 46; Ebrei 9,24-28; 10,19-23; Luca 24,46-53).
Fonte: avvenire