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Massimo Recalcati "Giulia e l’allucinazione della violenza cieca"

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Giulia e l’allucinazione della violenza cieca

In Francia ad Annecy un soggetto gravemente psicotico pugnala in un parco quattro bambini piccoli nel loro passeggino. In Italia si sono compiuti nelle ultime settimane femminicidi atroci tra i quali spicca quello di Giulia uccisa dal padre del figlio che portava nel suo grembo da sette mesi.

Questa serie di episodi atroci, che hanno protagonisti soggetti molto diversi tra loro, manifestano la particolare prossimità della violenza con il fenomeno dell’allucinazione. Non solo perché - è verosimilmente il caso francese - l’assassino soffre di chiari deliri psicotici, ma perché il ricorso alla violenza evoca in se stesso una dimensione allucinatoria. Cos’è una allucinazione? È un modo patologico per provare a conformare la realtà esterna al nostro desiderio. Mentre il riconoscimento di quella realtà può comportare l’esperienza della frustrazione, del differimento, del fallimento del nostro desiderio, attraverso l’allucinazione possiamo realizzare il desiderio rimuovendo d’un solo colpo tutte le avversità imposte dalla realtà. Per questa ragione la violenza rigetta il lutto. Mentre il riconoscimento della realtà implica, infatti, sempre una perdita, una lacerazione, una divisione in quanto la realtà non può mai coincidere integralmente con il mio desiderio, l’allucinazione sana drammaticamente questa frattura forzando la realtà a sottomettersi al nostro desiderio. Se per l’assassinio di Giulia l’essere divenuto padre ostacolava i piani del suo desiderio, il passaggio all’atto violento con il quale egli si libera della compagna in attesa del loro figlio, assomiglia ad una vera e propria allucinazione, ovvero realizza immediatamente un suo desiderio. Quello che era divenuto un ostacolo alla propria vita – Giulia incinta al settimo mese – viene semplicemente eliminato, soppresso, cancellato dalla faccia della terra. Come si vede in gioco non è solo un atto efferato e ignobile ma una vera e propria sostituzione: il mondo della realtà viene sostituito con un altro mondo, con un mondo più conforme al desiderio del soggetto. Possiamo ricavarne una legge generale: ogni volta che la violenza diviene protagonista della scena siamo di fronte a un tentativo di sostituzione del mondo della realtà con un mondo più conforme ai nostri desideri. L’illusione è quella di cancellare la realtà nel suo carattere più doloroso e insopportabile con un mondo che corrisponda a ciò che vogliamo.

Ogni volta che si colpisce violentemente qualcuno è per cancellare interferenze inaccettabili nei confronti dei nostri piani. È per trovare una scorciatoia che dovrebbe evitarci il difficile e tortuoso confronto con la realtà. Accade anche nella violenza del furto o in quella della menzogna: aggirare la fatica del lavoro e la fatica della verità attraverso un colpo di mano che ci illude di poter raggiungere i nostri obbiettivi senza essere obbligati a quelle fatiche. Anche il mondo virtuale può rispondere a questa necessità: sostituire il mondo reale nel quale la nostra vita non riesce a trovare la sua realizzazione con un altro mondo nel quale abbiamo a disposizione tutto ciò che desideriamo. È il confine sottile che accosta l’allucinazione all’illusione. Per questo nei nostri sogni i crimini sono all’ordine del giorno. Il sogno, non a caso, suggerisce Freud è una vera e propria psicosi: i nostri desideri si manifestano ignorando la Legge e il Diritto, trascendendo ogni senso del limite. È la natura “criminogena” dell’ inconscio. E’ ciò che nell’esercizio allucinato della violenza prende il sopravvento. Ma è solo riconoscendo la violenza come tentazione sempre presente nell’umano, è possibile simbolizzarla senza scatenarla.

Solo rapportandoci alla nostra anima cainesca possiamo provare a disattivare la sua spinta feroce e crudele. Perché la vita si umanizza pienamente solo quanto è in grado di rinunciare all’allucinazione della violenza. E’ un passaggio più complesso di quello che potrebbe sembrare perché siamo animali che sognano sempre di realizzare il loro desiderio senza impedimenti, perché siamo animali malati di inconscio. Non a caso Freud lo descriveva attraverso la potenza smisurata del mare del Nord. Ma l’inconscio non è solo una spinta criminogena. Lo diviene solo quando lo ignoriamo. Bisognerebbe invece imparare a restare più prossimi al nostro inconscio per evitare che sia costretto a manifestarsi nelle forme allucinate della violenza. Bisognerebbe ascoltarne la voce prima di trovarsi chiusi in un angolo ricorrendo alla violenza allucinata per trovare una via di uscita che tale non è mai. Anche per l’assassino di Giulia il buio che voleva evitare attraverso il suo gesto efferato avvolge ora integralmente la sua vita. Perché spesso la violenza rimbalza addosso proprio a chi la esercita.


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