Assassini feroci e fragili
Filippo Turetta, l’assassino di Giulia Cecchettin, ha detto di non aver avuto il coraggio di uccidersi dopo che aveva ucciso Giulia. Alfredo Zenucchi, dopo aver tagliato la gola alla moglie “non ce l’ha fatta a togliersi la vita”. Inquietante combinazione di ferocia e fragilità.
“Dopo aver ucciso la moglie Rossella Cominatti, 53 anni, non ce l’ha fatta a togliersi la vita”. Così i giornali di qualche giorno fa. Parla Alfredo Zenucchi, 57 anni, originario di Peia. I due avevano passato la notte a Mattarana, in Val di Tara. Zenucchi, dopo aver ucciso la moglie, è fuggito con la sua Citroen bianca. E’ stato fermato dai carabinieri a Massa Carrara. Dunque, stando a quello che racconta Zenucchi, i due avevano deciso di togliersi la vita. Lui ha ucciso la moglie ma poi non ha avuto il coraggio di farla finita anche lui. “Non ce l’ho fatta”, ha detto.
Sono deboli. Quindi uccidono
Il motivo è interessante. Anche perché la stessa motivazione è stata espressa da Filippo Turetta, l’assassino di Giulia Cecchettin. Anche lui, dopo aver ucciso Giulia, aveva deciso di uccidersi. Ma non ne ha avuto il coraggio. E si è messo a correre in macchina dall’Italia alla Germania.
Dunque, questi grandi assassini sono anche dei grandi deboli. Non hanno la forza di fare su di sé quello che hanno fatto sugli altri. Fortissimi quando si tratta di ammazzare, fragilissimi quando si tratta di ammazzarsi.
E’ un dato preoccupante che ci sia in giro gente che è capace di arrivare al punto di ammazzare. Ma è ancora più preoccupane il dato che questa gente, capace di ammazzare gli altri, è anche molto fragile al punto di non avere il coraggio di ammazzare se stessa.
Fanno quello che hanno visto fare
La fragilità, poi, diventa molto inquietante soprattutto per un motivo. Chi è fragile lo è soprattutto perché non è capace di decidere. Sono deboli perché dipendono dagli altri e dipendono dagli altri perché sono deboli. E infatti i grandi assassini che massacrano una ragazza o che tagliano la gola alla moglie non hanno poi il coraggio di ammazzare se stessi. Ma, allora, perché hanno deciso? Perché hanno visto gli altri decidere. I deboli sono così, infatti: fanno quello che hanno visto fare. Non sanno assumersi responsabilità, appunto, fanno come gli altri, imitano.
Ora, dopo le molte notizie, soprattutto le notizie che hanno commosso l’intera opinione pubblica, possono diventare, paradossalmente e drammaticamente, un incentivo. Nessuno lo vuole, nessuno lo fa “apposta”, ma avviene. E avviene non per colpa di chi dà le notizie, ma per colpa di chi le riceve. Se chi le riceve è, appunto, un grande debole potrebbe essere incoraggiato a fare quello che altri hanno fatto. In fondo, è facile tagliare la gola a una donna. Altri l’hanno fatto. Si può fare.
La società vittima delle sue abbondanze, di soldi e di notizie
Ma, allora, che facciamo? Non diamo più notizie? Impossibile. Ma, obbligati come siamo a dare notizie, siamo obbligati a correre qualche rischio. La società moderna è chiamata a pagare il conto delle sue ricchezze. Tante ricchezze, economiche, politiche, di immagine… fanno pagare l’eccesso della ricchezza di pochi all’eccesso della povertà di molti.
Qualcosa del genere avviene per il mondo dell’informazione. Dobbiamo informare. E le informazioni sono una immensa valanga. Ma la valanga travolge chi non ha le difese adatte, chi non dispone di filtri per scegliere. Qualcuno si sente talmente travolto da quella valanga che si sente spinto a fare quello che la valanga gli ha raccontato. E, mentre un poveraccio qualsiasi non può imitare Musk o Bezos, un debole qualsiasi può imitare un Turetta qualsiasi.
E non serve molto dire che la forza delle grandi ricchezze e delle molte povertà che creano non è la stessa di quella delle grandi fonti di informazione e dell’abbaglio dei deboli che si spingono a fare quello che hanno sentito raccontare. Sì, è, in grande parte, diverso. Ma è, in piccola parte, uguale. Ed è pericoloso limitarsi a notare ciò che è diverso se questo ci impedisce di vedere ciò che è uguale.