Francesco Cosentino "Ricominciare. Parole buone per il nostro tempo"
Pubblichiamo per gentile concessione dell'autore l'introduzione del libro di Francesco Cosentino Ricominciare. Parole buone per il nostro tempo
I pescatori di Galilea avevano mollato gli ormeggi e lasciato le barche. Era una delle tante
giornate vissute nella monotona agonia delle
ore, eppure le vele della loro vita si erano finalmente spiegate e iniziavano a prendere il largo
davvero. Lasciarono tutto e lo seguirono.
La nostra vita inizia davvero quando smettiamo finalmente di stringerla in pugno e molliamo gli ormeggi; quando lasciamo che la barca
sia portata dalle onde verso la bellezza sconfinata del mare, senza che la paura dell’ignoto freni il desiderio del viaggio e la carica del
sogno che ci portiamo dentro; quando finalmente ci liberiamo dall’ansia di dover sempre
controllare tutto e di dover tutto rinchiudere in uno schema. Solo se sei libero dalla prigione
del tuo io, puoi partire davvero; e solo quando
parti, lasciandoti alle spalle le tue reti impigliate nel desiderio del dominio, allora inizi a vivere. Mentre noi insistiamo nel voler dominare
la vita perché abbiamo paura di perderla, in
realtà è solo perdendola che possiamo viverla
davvero: questo insegnamento, non a caso, è al
cuore della predicazione di Gesù.
Ma ora quei pescatori stanno di nuovo dinanzi al mare. Se avevano lasciato tutto rincorrendo un Nazareno di passaggio sulle rive
della loro vita, adesso, dopo che Gesù è stato
ucciso, si ritrovano tristi e soli in una notte
oscura che rende ancora più misterioso il rumore delle acque e che, in realtà, descrive il
buio che si portano dentro. A questo punto,
il Vangelo di Giovanni ci offre una pennellata
geniale: Pietro dice «io vado a pescare» (Gv
21,3). E gli altri del gruppo si aggiungono a
lui. Erano pescatori quando Gesù era passato
per la prima volta e li aveva chiamati; affascinati dal suo sguardo, avevano lasciato le reti e avevano sperato in Lui, iniziando una nuova
vita al seguito del Maestro. Ora, che è stato
ucciso sulla croce, quel sogno per cui avevano
lasciato tutto si è infranto. In questa notte di
desolazione, di delusione e di amarezza, i tre
anni vissuti con Gesù rimangono una bella
storia da ricordare, ma adesso bisogna tornare
alla cruda realtà di tutti i giorni, alla vita di
sempre. E, per questo, semplicemente dicono: andiamo a pescare. Cioè, torniamo alla
vita di prima. È stato bello finché è durato.
Anzi, troppo bello per essere vero.
È il sentimento più diffuso del nostro tempo e della nostra epoca. Siamo smarriti mentre procediamo lungo i sentieri dell’incertezza. Camminiamo senza sapere dove andare,
attraversando i viottoli del crepuscolo e rimpiangendo i tempi che furono, immaginando
dei bei trascorsi che forse non sono mai esistiti davvero e che, però, evocano in noi la speranza di ritrovare antichi chiarori. Procediamo a testa bassa, piangendo le nostre perdite.
Tra le mani ci rimangono segmenti spezzati di un’esistenza trafficata, veloce, complicata,
in cui l’accelerazione dei ritmi quotidiani e la
frenesia che consuma le energie delle nostre
giornate ci rendono vulnerabili e irritabili,
stendendo un velo di penombra sulle nostre
percezioni e sui nostri giudizi. Sempre a corto di lucidità per mettere a fuoco chi siamo
veramente. Quale società vogliamo costruire?
Dove vogliamo andare?
Più prigionieri di ciò che siamo che protesi
verso ciò che il Signore vuole farci diventare.
Più inclini al lamento, che intrepidi costruttori di futuro per le nostre città e per il nostro mondo. Rinchiusi nel carcere del “tirare
a campare”, con l’atteggiamento vittimistico
di chi è stato già sconfitto. Talvolta arresi alla
vita e seduti a coccolare i nostri fallimenti.
Disfattisti, rassegnati, scoraggiati, consapevoli
che «la nostra generazione sta attraversando
un deserto segnato da eventi vasti, in parte
molto drammatici e in parte quotidiani e non
meno pervasivi. Un deserto nel quale la gente è stanca, inquieta, agitata, demotivata, nevrotica, frustrata, smarrita, perché non vede il
senso della vita quotidiana e la vive con poco
gusto e poca voglia» (Carlo Maria Martini).
Quando Gesù in quella notte si manifesta
ai discepoli, lo fa «quando già era l’alba» (Gv
21,4). Quando il Signore arriva nella nostra
vita, infrange sempre l’oscurità della notte e il
potere della cronaca quotidiana, talvolta difficile e oppressiva, che vorrebbe inchiodarci al
palo. Egli viene per decretare la fine di ogni
sentimento di sconfitta. Ci attende sulla riva,
come fece quella notte con i discepoli amareggiati e delusi, e si presenta come sempre,
col volto di un amico che chiede qualcosa da
mangiare, che vuole cioè condividere la vita
con noi e, così, ridarci il coraggio di gettare
nuovamente le reti anche dopo una notte di
pesca fallimentare. Un Dio discreto, che si
presenta aspettando a riva, che non giudica i
nostri fallimenti e non ci avvilisce per i nostri
smarrimenti, ma ci assicura semplicemente di
esserci. E in questo starci accanto, ci restituisce alla fiamma della vita.
Questo ci serve e a questo serve la parola
della fede: non solo a farci decifrare il tempo
che viviamo, ma anche a ridarci il coraggio
di rischiare ancora, di affrontare le nostre delusioni, di superare il senso di sconfitta e di
smarrimento che ci assale. Questo è il messaggio principale che Gesù consegna alla nostra
vita e che la fede cristiana deve risvegliare in
noi e nel cuore del mondo: sei amato, puoi ricominciare sempre.
Siamo un po’ come quei discepoli, sulla
riva, nella notte incerta, disorientati e confusi. Tutto sembra essersi svuotato, insieme alle
reti che non hanno pescato nulla. A volte ci
sembra che la vita, con i suoi alti e bassi, sia
trascinata via in un lungo elenco di sconfitte. Davanti a questa esperienza abbiamo due
opzioni: o ci chiudiamo nel risentimento e
restiamo vittime della sconfitta oppure consideriamo anche queste esperienze come parte integrante del viaggio e, allora, accogliamo
le nostre perdite, impariamo a decifrare cosa
si muove dentro di noi, cerchiamo di capire cosa accade intorno e, soprattutto, ci lasciamo
condurre oltre: a sognare ancora, a rischiare
ancora, a vivere ancora con passione e coraggio, accogliendo in noi quella presenza benedicente di Dio che ci sussurra la verità sul mistero della nostra vita: anche nell’esperienza
della notte e della sofferenza c’è una benedizione nascosta per te. Non è tutto finito per
sempre. Puoi ricominciare sempre.
Questa è la sfida. E abbiamo bisogno di parole “buone” per ricominciare. Parole e storie
che, dal respiro infinito della Parola di Dio,
parlano alla nostra vita e la trasformano.
INDICE
Introduzione pag. 5
FIDUCIA » 13
Il meglio deve ancora venire » 20
Gesù e Natanaele » 28
SPERANZA » 43
C’è sempre un domani che può ancora fiorire » 48
Le dieci vergini » 55
RICONCILIAZIONE » 67
Solo l’amore guarisce » 72
L’indemoniato di Cafarnao » 78
TRASFORMAZIONE pag. 89
Il coraggio di cambiare » 94
Il paralitico guarito » 105
INQUIETUDINE » 117
Le domande che ci scavano » 122
I primi discepoli » 127
Per… ricominciare » 135