Lisa Cremaschi "Irradiare la bellezza"
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Dicembre Febbraio 2021
Una vita bella è una vita eucaristica,
cioè una vita che riconosce che tutto
è dono e sa ringraziare per ogni cosa. Che
senso ha partecipare a tante eucarestie e
non diventare donne e uomini eucaristici,
cioè donne e uomini che non vivono nel
regime della pretesa e della prepotenza,
ma in quello del dono? (cf. Col 3,15: “Vivere nell’azione di grazie”).
Scriveva Friedrich Nietzsche nel 1882: “Il
furibondo lavoro senza respiro (degli americani) - il vizio peculiare del nuovo mondo
- comincia già per contagio a inselvatichire
la vecchia Europa e a estendere su di essa una prodigiosa assenza di spiritualità.
Ci si vergogna già oggi del riposo, il lungo
meditare crea quasi rimorsi di coscienza…
L’inclinazione alla gioia si chiama già bisogno di ricreazione e comincia a vergognarsi di se stessa.
Ѐ un dovere verso la nostra salute, si dice
quando si è sorpresi durante una gita in
campagna”. (F. Nietzsche: La gaia scienza,
par.329)
Si può essere nella gioia? Sì, perché non
siamo noi a salvare il mondo! Siamo collaboratori di Dio e collaboratori della gioia dei fratelli e delle sorelle (cf. 2Cor 1,24).
Gioia nel condividere un buon pasto, gioia nel far festa, gioia nel coltivare relazioni
di amicizia...
Le nostre comunità cristiane sono luoghi di bellezza? In senso materiale - quanto squallore a volte nei luoghi religiosi! - ma
soprattutto nei rapporti reciproci. Rapporti
belli, sinceri, d’amore vicendevole? Le nostre liturgie sono belle, curate? O sono la
ripetizione di formule più o meno biascicate da un funzionario del “religioso”?
La chiesa, diceva papa Giovanni, non è un
museo, non è una cittadella fortificata, è
un giardino e in un giardino ci sono piante
vive e tanto più sono diverse tanto più il
giardino è bello…E siamo chiamati ad essere sacerdoti, tutti, in forza del battesimo
ricevuto, sacerdoti cioè mediatori tra Dio e
gli uomini, incaricati di annunciare le opere meravigliose di Dio, la sua misericordia
per tutti. Tutti dobbiamo far conoscere il
Signore mostrando il suo volto, donando il
perdono, proclamando con l’intera nostra
vita che nessuno è escluso dalla misericordia. Nel cuore di Dio c’è posto per tutti. Ma
a volte, invece, non diventiamo un ostacolo a questo annuncio?
“Vi esorto come stranieri e pellegrini” (1Pt
2,11). I cristiani sono nel mondo ma non
appartengono al mondo. Il cristiano non
ha patria in questa terra. In una stagione in
cui si rinfocolano i nazionalismi, la chiesa
dovrebbe ricordare che il cristiano non ha
altra patria se non il regno dei cieli. Dobbiamo vivere in una grande fedeltà alla
terra, alla storia, agli uomini, al mondo in
cui viviamo, al mondo di oggi, senza inutili
rimpianti del passato.
Chi ha mai detto che il passato sia stato
migliore, più santo, più conforme al vangelo del presente, dei tempi di oggi in cui
siamo chiamati a vivere? Oggi siamo chiamati alla santità, nel mondo di oggi siamo
chiamati a vivere il vangelo; la nostalgia
dei tempi che furono, la pretesa di conservare forme di vivere la
fede proprie del passato
è un atto di disobbedienza allo Spirito che oggi ci
chiama alla santità.
E tuttavia anche oggi siamo
posti dinanzi a eventi, problemi, situazioni
che esigono discernimento. Ѐ difficile questo continuo discernimento che ci è chiesto tra un modo di pensare a cui dobbiamo
opporre un netto rifiuto e il rendere il vangelo parlante, profetico per i nostri contemporanei. Quante volte ci adeguiamo al
mondo, forse illudendoci in questo modo
di conquistare la gente! E quanto poco ci
preoccupiamo di non fare da schermo al
vangelo, di annunciarlo nella sua semplicità e purezza!
Al termine delle beatitudini nel vangelo
di Matteo, Gesù dichiara: “Voi siete il sale
della terra…voi siete la luce del mondo”. Il
discepolo è sale e luce se lascia plasmare la
sua vita dalla logica delle beatitudini. Voi
siete sale e luce è detto a quelli che si lasciano coinvolgere dalla vita di Gesù, luce
del mondo. E allora la luce risplende da sé
e risplende con i tempi di Dio che non sono
i nostri. Se viviamo davvero nell’amore per il Signore, la nostra vita sarà bella, trasfigurata; dietro al Signore ci sono dei
no da dire, la rinuncia all’io egoistico, ma
il risultato non è un immiserimento della
vita, come spesso è accaduto nella tradizione cristiana. Se uno - come dice Agostino - è innamorato della bellezza spirituale,
questa bellezza traspare nel suo modo di
essere, nelle sue relazioni, nei luoghi in cui
vive, nel suo amore per il creato, per le creature, nella gioia e nella gratitudine per i
doni di Dio.
Ha scritto Carlo Maria Martini
nella lettera pastorale Quale bellezza salverà il mondo?: “Non basta deplorare
e denunciare le brutture
del nostro mondo.
Non basta neppure, per la nostra epoca
disincantata, parlare di giustizia, di doveri,
di bene comune, di programmi pastorali,
di esigenze evangeliche. Bisogna parlarne
con un cuore carico di amore compassionevole, facendo esperienza di quella carità
che dona con gioia e suscita entusiasmo;
bisogna irradiare la bellezza di ciò che è
vero e giusto nella vita, perché solo questa bellezza rapisce veramente i cuori e li
rivolge a Dio”.