Massimo Recalcati "Allenarsi con Platone"
Allenarsi con Platone
3 ottobre 2020
I filosofi si sono limitati a interpretare il mondo, si tratta invece di trasformarlo, affermava Marx nella celebre
XI tesi su Feuerbach. Con questo suo ultimo libro Simone Regazzoni, allievo originale di Derrida alla cui
opera ha dedicato i suoi studi più notevoli, poliedrico autore di saggi e romanzi e praticante di arti marziali,
ritorna a suo modo sulla critica alla filosofia come pura pratica teoretica di contemplazione separata dalla vita.
La sua tesi maggiore è forte e chiara: sinora i filosofi hanno pensato il corpo, si tratta ora di allenarlo. Per
questa ragione l’oggetto della sua critica serrata è a quello che Mishima definiva “il filosofo da tavolino” che
pensa dimenticando il proprio corpo. Errore capitale secondo Regazzoni che comporta una scissione
sintomatica tra l’anima e il corpo, tra il pensiero e l’esistenza.
Erroneamente l’Occidente ha creduto di fare risalire questa diabolica separazione a Platone. Il filosofo che nel
Fedone descrive effettivamente il corpo come un “carcere dell’anima”, come una “follia” dalla quale
bisognerebbe emanciparsi. Nel suo lavoro però Regazzoni mostra l’esistenza di un altro Platone rispetto al più
conosciuto filosofo della teoria delle idee.
Il suo vero nome Aristocle venne sostituito dal suo maestro di lotta col soprannome di Platone che significa
uomo dalle spalle robuste. Il Platone di Regazzoni nasce dunque non nell’Accademia rappresentata
spiritualisticamente da Raffaello nella sua celebre Scuola di Atene, ma in una palestra. Egli è stato, come le
fonti attestano indubitabilmente, un lottatore, praticante del pancrazio.
Per questo “altro Platone” il corpo non è il supporto passivo del pensiero ma la sua condizione imprescindibile.
Non la mano (Heidegger), il volto o la carezza (Levinas), ma il pugno, la lotta, il corpo preso nella sua
dimensione carnale, ma anche agonistica, il corpo impegnato nel suo allenamento, il corpo vivente.
«All’origine della filosofia, in Grecia, c’è un filosofo-lottatore che si allena in palestra», scrive Regazzoni. Ma
cosa è in gioco nella palestra di Platone, nel corpo impegnato nell’esperienza dell’allenamento?
Non semplicemente, come una cattiva retorica vorrebbe, l’esercizio selvaggio della violenza, il potenziamento
superomistico dell’Io, l’esaltazione del corpo come arma da combattimento. La lotta nella quale il corpo è
impegnato nell’allentamento come lo pensa Regazzoni è un corpo alle prese con i propri limiti, i propri
fantasmi, la propria capacità di resistenza. È un corpo che diventa filosofia, esperienza in atto di trasformazione
della vita.
Allenarsi non significa infatti inseguire un ideale narcisistico di sé, ma impegnarsi in una lotta con le proprie
paure e il proprio buio. È un insegnamento che viene da Platone il lottatore: il corpo dell’atleta è askesis,
esercizio, cura di sé nel senso foucaultiano del termine, ovvero arte della vita. Il pensiero non sorge, dunque,
dal tavolino ma laddove qualcosa è in lotta. «La superficie bidimensionale della pagina non può più esaurire
lo spazio della filosofia». Si tratta piuttosto di imparare «a pensare con i piedi nell’erba».
Allenarsi significa allora afferrare la verità non come astrazione ma come evento attraverso il proprio corpo.
La fatica non è solo nel concetto, come riteneva Hegel, ma nel corpo che suda, salta, colpisce, fatica. In questo
senso «il logos non è figlio del logos ma a tutti gli effetti dei propri piedi». Per questa ragione, come spiega
Regazzoni in pagine ricche di grande intensità e di riferimenti autobiografici «è solo nell’esaurimento del me
stesso, della mia ipseità, nell’essere esausto, che tocco il mio limite e accedo al superamento di me stesso».
Nessun culto dell’accrescimento dell’Io, dunque, ma incontro con il proprio sfinimento, con l’esperire una
intensità vitale nella prova della lotta innanzitutto con me stesso. La fatica, lo sforzo, la prova dell’allenamento
esige resistenza. Non conta la sopraffazione dell’avversario (sempre l’avversario nella lotta viene definito in
questo libro “compagno”) ma una “elevazione” a cui possiamo dare il nome della “gioia”.
Quella di spostare i propri limiti in avanti, di non lasciarsi prendere dalla tentazione di separare il pensiero
dalla vita, di non lasciare vincere la paura. In gioco è quella forma di intelligenza che i greci chiamavano metis
e che troviamo attiva in tutti i processi creativi. Una intelligenza che ci libera dall’ombra della filosofia da
tavolino e ci immerge nella prassi, nel movimento, in un saper fare che non può esistere senza corpo. Perché,
come scrive Feuerbach, citato da Regazzoni, «solo la verità diventata carne e sangue è verità».
Torino Spiritualità
Respiro dunque sono
con Massimo Recalcati, psicoanalista e Simone Regazzoni, filosofo
Domenica 27 settembre 2020, ore 15
Cortile di Combo
in collaborazione con Scuola Holden
Per molto tempo la filosofia è stata pensata come un discorso teorico, che poco o nulla avrebbe a che fare con la nostra esistenza concreta. Eppure in origine le cose non andavano così: la filosofia, con Platone, nasce in una palestra a nord-ovest di Atene come allenamento dell’anima e del corpo. E da qui deve ripartire oggi, abbandonando la postura cartesiana del “penso dunque sono” per la postura del corpo vivente che dice: “respiro dunque sono”.