La creazione sospesa tra scienza e fede
Roberto Righetto
sabato 3 agosto 2019
«Colui che vive in eterno ha creato l’intero universo. Il Signore soltanto è riconosciuto giusto.
A nessuno è possibile svelare le sue opere e chi può esplorare le sue grandezze? La potenza della sua maestà chi potrà misurarla? Non c’è nulla da togliere e nulla da aggiungere, non è possibile scoprire le meraviglie del Signore. Quando l’uomo ha finito, allora comincia, quando si ferma, allora rimane perplesso ».
Mi perdonerà Guido Tonelli se nel parlare del suo Genesi. Il racconto delle origini ho preso spunto da una citazione del Libro del Siracide. Il saggio dello studioso, edito di recente da Feltrinelli (pagine 22, euro 17), correttamente si guarda bene dal mescolare i due piani, quello della fede e quello della scienza, e pur facendo uso di ampi riferimenti alle mitologie, alle religioni e alla letteratura, è una descrizione della nascita del nostro universo secondo le acquisizioni e i dati scientifici più aggiornati.
Fisico al Cern di Ginevra, professore all’Università di Pisa e uno dei padri della scoperta del bosone di Higgs, Tonelli ha partecipato nei mesi scorsi al dibattito avviato sulle pagine di alcuni mass media sulla persistente separazione nel nostro Paese fra cultura umanistica e cultura scientifica, schierandosi senza alcun dubbio dalla parte di chi sostiene l’imprescindibilità dello studio del greco e del latino, utili per una formazione integrale degli studenti.
Ora si cimenta con un tema affascinante e riesce a coinvolgere anche il lettore ignaro delle conoscenze della fisica delle particelle o delle esplorazioni delle galassie. È proprio attraverso queste «due vie della sapienza» che egli già nelle prime pagine chiarisce quanto sappiamo sui «primi vagiti dell’universo bambino ». Grazie al grande acceleratore del Cern, si è riusciti a ricreare particelle estinte, le stesse che popolavano l’universo alle altissime temperature delle origini: «È così – spiega – che abbiamo scoperto il bosone di Higgs. Ne abbiamo riportato in vita qualche manciata dopo un sonno che durava da 13,8 miliardi di anni».
A questa esplorazione dell’infinitamente piccolo si accompagna, su un altro versante, quella dei supertelescopi, strumenti che studiano l’infinitamente grande e che sono in grado di scoprire i segreti delle stelle e delle galassie: «Guardando oggetti molti grandi e molto lontani, si possono osservare in diretta tutte le fasi principali della formazione dell’universo e raccogliere dati preziosi sulla nostra storia».
La cosa singolare è che entrambe queste indagini portano alla medesima conclusione: in principio era il caos. Meglio ancora: in principio era il vuoto. Un vuoto che non è identificabile col nulla, un concetto puramente filosofico che non ha a che fare con la fisica: per la scienza il vuoto «è cosa viva, sostanza dinamica e incessantemente mutevole, gonfia di potenzialità, gravida di opposti. Non è il nulla, è al contrario un sistema traboccante di quantità illimitate di materia e antimateria».
Anche in questo caso, pur tenendo distinti i piani, Tonelli non può non rievocare la Teogonia di Esiodo («All’inizio e per primo venne a essere il caos») per ribadire che il caos cosmico iniziale, inteso come vuoto, è tutt’altro che disordine. Senza subbio dalla sua descrizione per chi è credente viene facile ritrovare analogie fra il Big Bang e la Genesi biblica, ma questa rimane una suggestione che tocca l’intimo di ogni persona e che non sarà mai un’evidenza scientifica.
Certo, nel suo excursus storico degli emuli di Einstein, stupisce vedere come diversi degli scienziati che hanno investigato le origini dell’universo fossero ricercatori credenti come Georges Lemaître, il prete cattolico che nel 1927, a soli 33 anni, fra i primi comprese che le equazioni di Einstein potevano descrivere un universo dinamico. Egli definì la nascita dell’universo un processo verificatosi fra i dieci e i venti miliardi di anni fa e chiamò lo stato iniziale «atomo primordiale».
L’altro elemento sorprendente è la giovane età di molti di questi scienziati, nonché il fatto che siano stati spesso incompresi e maltrattati dall’establishment scientifico del tempo, ancorato all’idea di un universo eterno e di uno stato stazionario increato e perenne. Come Edwin Hubble, le cui misurazioni all’osservatorio di Monte Wilson in California confermarono le intuizioni di Lemaître.
Fu l’astronomo britannico Fred Hoyle, che si oppose a queste teorie innovative, a coniare l’espressione Big Bang proprio per irriderle. Poi arrivò nel 1964 la scoperta di Arno Penzias e Robert Wilson a confermare l’ipotesi cosmologica: l’esistenza di un fondo cosmico di radiazioni a microonde. I due astronomi statunitensi per primi registrarono l’eco del Big Bang. Un altro giovanissimo che avrebbe sconvolto la cosmologia moderna è stato Alan Guth, che nel 1979 dimostrò l’inflazione cosmica.
Il saggio di Tonelli affronta poi specificamente i tanti misteri dell’universo, dall’antimateria ai buchi neri, dalla nascita della luce a quella delle stelle, dalla teoria dell’unificazione a quella della simmetria infranta e, sia per chi è digiuno di nozioni scientifiche sia per chi ne è provvisto, ci si può davvero sbizzarrire.
Vale la pena qui richiamare alcune conclusioni a cui la fisica è giunta, in attesa di altre scoperte: l’universo che conosciamo ha energia nulla, quantità di moto nulla, carica elettrica nulla: è in uno stato di vuoto e per gli scienziati assomiglia a un’anatra, è in espansione ed è destinato a finire. È fatto per il 68 per cento di energia oscura, per il 27 per cento di materia oscura e solo per il 5 per cento di materia ordinaria. È composto da centinaia di miliardi di galassie ed è piuttosto monotono, vale a dire omogeneo. Si comporta come un grande forno a microonde: il suo riscaldamento è cessato in un lontano passato e da allora si è progressivamente raffreddato.
È nato quasi quattordici miliardi di anni fa ed è un ambiente gelido: appena si esce dal guscio protettivo dell’atmosfera la temperatura precipita, tanto che negli immensi spazi vuoti fra i pianeti o le stelle essa misura i meno 270 gradi centigradi. Per quanto riguarda la sua fine, i dati ci dicono che l’espansione dell’universo non è destinata a fermarsi. Rileva Tonelli: «Tutto corre a precipizio verso questo nulla, un cuore di tenebra invisibile che attrae, irrimediabilmente, tutto. Un gorgo terribile ci sta inghiottendo. La nostra fine è segnata». I tempi di questa catastrofe cosmica sono in verità lunghissimi.
Per venire a noi, sappiamo che il Sole dovrebbe durare per altri cinque o sei miliardi di anni, poi si trasformerà in una “nana nera”, un oggetto inerte invisibile. Stabilito tutto questo e riconosciuto quanto ancora rimane di sconosciuto del mistero delle origini e dei segreti dell’universo (e probabilmente resterà per buona parte per sempre inconoscibile, come dice il Siracide), resta aperta la questione della presenza dell’uomo.
All’ingresso del Cern, accoglie i visitatori una gigantesca sfera di legno. Al suo interno c’è un museo scientifico sulle pareti del quale sono incise tre domande: da dove veniamo? Dove andiamo? Chi siamo? Sono le domande classiche del pensiero, di fronte alle quali con Tonelli possiamo concludere che «arte, bellezza, filosofia, religione, scienza, in una parola la cultura, sono la nostra tenda magica, e ne abbiamo bisogno, disperatamente, da tempo immemorabile».