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Rosanna Virgili Il destino di Giuda e il nostro bacio sciupato

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Rosanna Virgili
Avvenire mercoledì 21 febbraio 2018

Perché mai dei cristiani si scandalizzano dinanzi a un Giuda passibile di perdono?
Non dovrebbero sperare, piuttosto, nel riscatto misericordioso di Giuda, sino alla fine dei tempi? E perché nei cristiani si riproduce quella smania di giudicare e condannare tipica di quegli «scribi e farisei ipocriti» che tanto osteggiarono il nostro Signore, fino a desiderarne e a deciderne la morte? La ragione di queste domande, riaperte dal dialogo del Papa con un gruppo di giovanissimi appena rese note dalla Santa Sede, può stare nella fragilità di una fede che ha paura della Carità e della Grazia, o, più semplicemente, nell’ignoranza delle Scritture che sono inequivocabili a questo proposito. Giuda amava Gesù e l’aveva seguito dalla Galilea sino a Gerusalemme, ultima tappa del viaggio terreno del Figlio di Dio. Doveva essere un compagno fidato, visto che i Dodici gli avevano affidato la cassa; era, infatti, l’economo della Comunità, di quella nuova 'famiglia' di Gesù.

Quando si avvicina il tempo della sua passione e della sua morte, del rifiuto e dell’insulto, Gesù lo annuncia ripetutamente: «Il Figlio dell’Uomo sarà consegnato... lo flagelleranno, gli sputeranno addosso, lo uccideranno, ma il terzo giorno risorgerà». Benché Egli concludesse la sua profezia con la Risurrezione, una morte tanto ignobile era troppo vergognosa per loro, inaccettabile.

Per tutti loro, non solo per Giuda. Quando, infatti, nell’Ultima Cena, Gesù suggerì, con voce spezzata, che «uno di voi mi tradirà» tutti si guardarono attorno, sospettando ognuno del proprio vicino. Pian piano, mentre la notte, l’ultima del figlio di Maria, saliva verso l’aurora, uno a uno se andarono lasciando solo il loro amico, il loro amato, il loro Dio. Nessuno dei Dodici si trovò sotto la Croce a piangere l’innocenza violata se non un anonimo discepolo per adottare la Madre smarrita.

Tutti erano fuggiti e Pietro per ultimo, attore di un gesto fors’anche più cinico del tradimento di Giuda: «Non conosco quell’uomo», aveva risposto il capo degli Apostoli, mentre Gesù veniva accusato ingiustamente di bestemmia. Il peccato di Giuda e quello di Pietro, l’ambizione al potere di Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedeo... «Chi è senza peccato scagli – davvero! – la prima pietra» tra i discepoli di Gesù, di ieri e di oggi. Gesù soffre per Giuda come soffre per tutti i suoi apostoli; il suo cuore non è ferito per qualcuno ma per una comunione infranta.

Pietro, però, capisce il fondo di quel cuore, lo sguardo del Maestro riesce ad aprire il suo e a vincerlo per un eccesso di amore irreparabile. Così Simone verserà lacrime di fede più grande e rinnovata nel suo Amico di sempre. Non così Giuda che si separa da tutti, si chiude in un furore di disperazione, senza ombra di luce, quando si accorge di aver venduto come reo un innocente e come carne da schiavo le membra immacolate di un fratello. Corpo santo, bacio di vita. Con un urlo nell’anima Giuda avrebbe voluto distruggere quel cibo di sangue che aveva rubato alle labbra di Gesù. Ma spense la speranza, non credette alla grazia del perdono, e questa fu la sua autocondanna. Se non credessimo che Giuda possa essere salvato diventeremmo come lui prigionieri del giudizio, inchiodati ai nostri tradimenti e col sapore amaro di un bacio di vita sciupato e perduto.
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