Enzo Bianchi Il discernimento spirituale
di ENZO BIANCHI
dal sito del Monastero di Bose
Discernimento spirituale. Espressione ormai non più estranea al vocabolario quotidiano dei cristiani, ma il cui uso sovente rivela che come il reale significato resti sostanzialmente oscuro: si direbbe che se ne parla senza volerlo davvero conoscere…
Nel vocabolario paolino l’espressione «discernimento degli spiriti» (diákrisis pneumáton: 1Cor 12,10) indica la capacità, per dono di Dio, di distinguere ciò che lo Spirito santo suggerisce al cuore del cristiano. In altre parole, il discernimento è il senso interiore delle cose, la pronta e vigile capacità di capire e scegliere ciò che è bene in ogni situazione, di «valutare ciò che è meglio» (Fil 1,10): esso nasce dall’azione dello Spirito nel cuore dei cristiani (cf. 1Gv 2,20.27), Spirito che si unisce al nostro spirito. Il discernimento spirituale non può dunque essere considerato alla stregua di una tecnica o di una «ricetta» predefinita, ma è la grazia di una conoscenza affinata e critica, proveniente da una luce interiore, ispirata e sostenuta dalla Parola di Dio.
Essere intelligenti, esercitare un giudizio, mettere in atto tutte le proprie facoltà intellettuali è dono e responsabilità. Si tratta di un lavoro indispensabile nella vita spirituale, per «discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, gradito e maturo» (Rm 12,1), per «distinguere il bene dal male» (Eb 5,14); è quell’operazione preventiva di provare, esaminare se stessi e il proprio comportamento (cf. 2Cor 13,5; Gal 6,4) oppure «gli spiriti» (1Gv 4,1), per non consegnare la fede a qualsiasi pretesa ispirazione. La vita infatti è complessa, sempre esposta al male e al bene, tentata dal Divisore e nel contempo attirata dalle energie dello Spirito santo. Immerso in questo contesto, il cristiano è chiamato quotidianamente a scegliere un’azione piuttosto che un’altra, ad accogliere o rifiutare una chiamata. Proprio qui si situa la necessità del discernimento, carisma che va invocato, custodito e costantemente affinato; fino a possedere, se Dio lo concede, quella chiaroveggenza spirituale che è vera partecipazione allo sguardo di Dio sugli uomini, sulle cose e sugli eventi, attraverso un progressivo cedere alla sua grazia che ci attira.
Esaminando più da vicino l’operazione del discernimento spirituale, va ricordato che il cristiano, abitato dallo Spirito santo, deve imparare a riconoscerne la presenza. Occorre allora distinguere tra le pulsioni, le suggestioni – quelli che la tradizione cristiana ha definito loghismoí, «pensieri» – e la voce personalissima, discreta eppur sperimentabile, dello Spirito santo, amore di Dio in noi. In altri termini: credo o no che Gesù Cristo abita in me (cf. 2Cor 13,5)? Ho consapevolezza di essere tempio dello Spirito santo (cf. 1Cor 6,19)? E in questa adesione profonda, unita a una perseverante invocazione dello Spirito, so riconoscere che in me abita anche un’altra forza, quella del male, che mi spinge alla tentazione e vorrebbe indurmi ad acconsentirvi (cf. Rm 7,18-23)?
Questo discernimento di fondo diviene necessario di fronte alle singole decisioni, alle precise scelte da compiere, soprattutto quando impegnano la forma da dare alla nostra vita. I nostri desideri più profondi e persistenti, i nostri cammini di ricerca della felicità abbisognano più che mai di essere passati al vaglio. Anche in questo caso il discernimento è operazione delicata e difficile, che sempre andrebbe affrontata con l’aiuto di qualcuno che, da vero “spirituale”, sappia insinuarci «santi sospetti» o confermare i segni dello Spirito… E qui si comprende che il discernimento non è solo un’operazione individuale, ma può e deve diventare anche evento comunitario, ecclesiale, fino a saper discernere, tutti insieme, «i segni dei tempi» (Mt 16,3) e a saper distinguere i veri profeti dai falsi (cf. Mt 7,15)…
Se ciascuno di noi e la chiesa nel suo insieme sapessimo esercitare meglio il grande dono di Dio del discernimento, forse molte vocazioni sarebbero più feconde, la vita ecclesiale sarebbe più ricca di doni e meno conflittuale, la carità risplenderebbe in tutto il corpo ecclesiale e nella compagnia degli uomini. Quando però nella chiesa non si esercita il discernimento, allora occorre denunciarlo con chiarezza: la Parola di Dio rimane distante e incapace di ispirare la vita dei cristiani, i quali non sono più sotto la guida dello Spirito, ma camminano come ciechi, senza sapere dove andare.