Clicca

Casati - 9 Settembre 2012 XXIII Tempo Ordinario

stampa la pagina

Is 35, 4-7
Gc 2, 1-5
Mc 7, 31-37

Forse potremmo leggere -lo confesso, non è l'unica cifra di lettura- i testi della Scrittura che oggi abbiamo ascoltato alla luce della categoria della "distanza-vicinanza".
Il brano del Vangelo di Marco inizia oggi parlando di Gesù che "passò per Sidone, dirigendosi verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decapoli": un territorio "distante", non solo geograficamente, ma spiritualmente, un territorio ritenuto quasi pagano, terra di pagani. Una distanza "credenti-non credenti" che Gesù supera, avvicinando coloro che erano distanti, forse meglio, ritenuti distanti. E c'è un'altra distanza allusa nel Vangelo, una distanza che fa soffrire: "Gli condussero un sordomuto". Il sordomuto è un distante, anche se è vicino, perché è tolta la comunicazione. È come se ci fosse un mondo chiuso. Chiuso il mondo, quello più segreto, degli altri, che parlano ma non capisci. Chiuso il tuo mondo, quello più segreto, che vorresti svelare a qualcuno, per essere in comunione, ma ti è impossibile, sei un sordomuto. La distanza! Ti senti fuori, distante. "E gli condussero un sordomuto": qualcuno osa superare il pregiudizio tra territorio e territorio; c'è di mezzo la vita di un povero disgraziato. Una vita chiusa, che vita è? È già un gran passo -diciamolo- questo superamento dei pregiudizi. Oggi purtroppo resistono e sono così rigidi e spietati da cancellare il bisogno di vita di tanta gente. E Gesù porta il sordomuto "lontano dalla folla, in disparte": sembra quasi porre un gesto di distanza -distante dalla folla-, un gesto di distanza dentro un contesto di superamento delle barriere e delle distanze. Ma forse c'è da capire. Si può essere immersi in una folla, e sentirsi estranei. È un gesto personale, che ti tocca, ti tocca nella tua pelle, che fa superare la distanza della solitudine. Gesù tocca, tocca con le sue dita: non sta a distanza, ha cancellato anche la distanza del corpo; quante volte parliamo da lontano, non c'è intimità, non tocchiamo la carne. È come se Gesù con la saliva, un elemento che nell'immaginazione comune aveva in qualche misura connessioni con la vita, volesse comunicare vita, un rapporto che comunica vita. Con una precedenza, spesso sottolineata dai commentatori, delle orecchie che si aprono e dopo, solo dopo, della lingua che si scioglie. Quasi a dire che il primo passo, perché la distanza sia superata, è diventare capaci di ascolto: il parlare, senza ascoltarsi, ripropone la distanza dell'uno dall'altro, ripropone la barriera. È solo dopo averlo ascoltato che l'altro si sente finalmente vicino. È solo dopo aver ascoltato l'altro che parlerai sì, ma in modo corretto. Come è sottolineato dal Vangelo: "...e parlava correttamente". Questo dunque è ciò che fa Gesù, questo è il sogno di Dio: non far tacere, ma far parlare; non essere sordi, ma ascoltare. "Dite agli smarriti di cuore: "Coraggio! Non temete; ecco il vostro Dio, giunge la vendetta, la ricompensa divina. Egli viene a salvarvi". Allora... si schiuderanno gli orecchi dei sordi... griderà di gioia la lingua del muto". Questa è -se vogliamo chiamarla con il nome usato dal profeta- la vera "vendetta" di Dio, cioè la vendetta contro coloro che, con la loro prepotenza, fanno di tutto perché alcuni non ascoltino, non sappiano, generano insensibilità. La vendetta contro coloro che fanno di tutto per far tacere gli altri, per zittirli nei loro diritti e nelle loro speranze, nel loro grido di sofferenza. Guai se una chiesa si rendesse insensibile o ci rendesse insensibili: anziché comunione genererebbe solitudine e distanza. Era ciò da cui l'apostolo Giacomo metteva in guardia la sua comunità, che, mescolando la fede a favoritismi personali, creava distanze, proprio all'interno dell'adunanza, all'interno del luogo che proclama l'assenza delle distanze. Creava distanze tra i ricchi chiamati vicini e i poveri tenuti a distanza. Il contrario di quello che fa Dio che ha scelto i poveri, proprio perché tenuti, dalla vita e dalle ingiustizie, distanti. Così facendo diventeremmo "giudici dei giudizi perversi". Tradiremmo il volto del Signore, venuto a cancellare le distanze, ad abbattere nel mondo ogni barriera.
Fonte:sullasoglia
stampa la pagina

Gli ultimi 20 articoli