Omelia San Tommaso Apostolo (Antonio Savone)
Tutto finito… una morte inutile, per niente, addirittura banale… Cos’era cambiato? A cosa era servito lo stare con quel maestro di Galilea venuto dal nulla (da Nazaret!)? Quanti investimenti! E ora che lui non c’era più? Nulla. Solo le sue promesse vane, l’amarezza dell’imbroglio e il dubbio del fallimento. Quanta rabbia! Non rimaneva che lasciare Gerusalemme, dimenticare, voltare pagina. Degli altri non gli importava più nulla, tanta era la delusione. Abbandonato dal maestro, arrabbiato con se stesso, non restava altro che ognuno decidesse per sé, proprio come quando s’infrange un sogno che pure aveva accomunato tanti e per lungo tempo (cronaca anche di questi giorni). I più avevano deciso di mettersi ancora al sicuro nella casa della cena pasquale con Gesù, ma erano paralizzati dalla paura di quanto accaduto e perciò prigionieri immobili di un passato che ancora decideva per loro. La paura ha sempre la meglio quando il cuore non ospita più certezze e le mani non accarezzano più alcun sogno. Si erano chiusi dall’interno proprio in quella casa che doveva restare il segno permanente dell’apertura e dell’accoglienza verso ogni uomo.
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