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La parola della domenica 5 Agosto 2012 (Casati)

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Es 16, 2-4.12-15
Ef 4, 17.20-24
Gv 6, 24-35

Dopo il segno del pane moltiplicato, ecco l'omelia dell'evangelista Giovanni su Gesù pane vero del mondo, un'omelia di non facile lettura, che noi cerchiamo solo di sfiorare, con due semplici annotazioni che potrei proporre così: il pane di Dio ti mette in guardia dalla sazietà; il pane di Dio ti ricorda il bene insostituibile della libertà.
Il pane di Dio ti mette in guardia dalla sazietà. É un pericolo su cui vigilare, secondo la Bibbia, il pericolo di mettere anche Dio, anche la religione, a servizio della sazietà, del benessere, il benessere appiattito e frainteso come "ben-avere". E' un pericolo che sembra accompagnare tutta la storia dell'umanità. Il pericolo di coloro che avevano fruito del miracolo del pane moltiplicato. Ci avevano preso gusto ed eccoli alla ricerca -dietro Gesù- di un "ben essere" inteso come "ben avere". E Gesù? Gesù si sente cercato da questa insaziabile fame di benessere. Ed esprime il suo disagio: "Voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati.... Procuratevi -è un ammonimento anche per noi- procuratevi non il cibo che perisce, ma quello che dura per la vita eterna". è vero che il fatto stesso di essere qui la domenica può significare la nostra fame, la nostra preoccupazione di un cibo che non perisce, ma rimane comunque -non va sottaciuto- il pericolo della sazietà, che ti fa dimenticare gli altri e Dio. Non per nulla Dio nel Primo Testamento, a proposito della manna, pane caduto dal cielo, proibisce l'accaparramento: quello che cresceva al bisogno giornaliero della famiglia deperiva. Ogni giorno ad attendere il dono dall'alto, ogni giorno a risvegliare il senso della tua dipendenza da Dio. Anzi, Mosè, nella steppa, nella grande omelia della steppa, che è il libro del Deuteronomio, ha una pagina splendida, che è vera per tutti i tempi, anche per il nostro, in cui ci mette in guardia da una sazietà che generi smemoratezza, smemoratezza di Dio. E' il capitolo ottavo del libro del Deuteronomio che andrebbe letto per intero, ma non ne abbiamo il tempo. Solo un accenno. "Stai per entrare" -dice Mosè- "in un paese fertile, paese di torrenti, di fonti e di acque sotterranee, paese di frumento, di orzo, di viti, di fichi e di melograni, paese di ulivi, di olio e di miele, paese dove non mangerai con scarsità il pane... Guardati bene dal dimenticare il Signore tuo Dio. Quando avrai mangiato e ti sarai saziato, quando avrai costruito belle case e vi avrai abitato, quando avrai visto il tuo bestiame grosso e minuto moltiplicarsi, accrescersi il tuo argento e il tuo oro, abbondare ogni tua cosa, non si inorgoglisca il tuo cuore in modo da dimenticare il Signore tuo Dio che ti ha fatto uscire dal paese d'Egitto, dalla condizione servile" (Dt 8, 7-9.12-14). Il Signore che ha moltiplicato per i suoi figli i pani, in questi stessi pani ha scritto -per chi sa leggerli- un segno che rimanda all'altro pane, quello che non deperisce. E vengo brevemente alla seconda notazione: il pane di Dio ti ricorda il bene insostituibile della libertà. Possiamo purtroppo -dico purtroppo- arrivare, quando il cammino della nostra libertà interiore è faticoso, arrivare a rimpiangere i giorni di una schiavitù sazia. "Fossimo morti per mano del Signore nel paese d'Egitto, quando eravamo seduti, presso la pentola della carne, mangiando pane a sazietà". La libertà dai faraoni, la tua libertà interiore, immagine altissima di Dio in te, ha un prezzo inestimabile. Non venderla, non venderti. "Il midrash" -scrive Enzo Bianchi- "annota che la manna era raccolta stando in piedi, perché quando si mangia il pane che Dio ci manda non ci si deve piegare come devono fare gli schiavi per mangiare il pane del padrone. La manna è il cibo dell'uomo libero e si mangia in piena dignità" (E. Bianchi, Esodo p. 69). La razza dei faraoni -voi lo sapete- non si è estinta, si sono moltiplicati in ogni ambito, culturale, politico, religioso. Non per nulla qualcuno oggi ha pensato bene di ristampare la preghiera del resistente Teresio Olivelli: "Signore, facci liberi, Dio che sei solo verità e libertà, facci liberi e intensi...". Il pane del Signore che qui, ogni domenica, mangiamo -come la manna- in piedi, ci ricordi il bene invendibile della libertà, ci dia la forza di non piegarci, di non vendere l'intelligenza, il cuore, la dignità a niente e a nessuno.
Fonte:sullasoglia
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