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Jesus, febbraio 2011 Caro Diogneto - 26 (Enzo Bianchi)

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RITORNO AD ASSISI

Nel discorso dell’Angelus di capodanno, Benedetto XVI ha annunciato che a venticinque anni dalla storica iniziativa di Giovanni Paolo II – l’incontro ad Assisi di rappresentanti delle diverse religioni del mondo per una preghiera per la pace – lo “spirito di Assisi” poteva avere una nuova manifestazione, poteva essere rivissuto in un nuovo incontro con la partecipazione del papa nell’ottobre di quest’anno.
Quanti presumono di conoscere Benedetto XVI e lo additano sovente come “correttore” dei suoi predecessori hanno quasi gridato al tradimento e alcuni di loro si sono perfino rivolti a lui con un invito a cancellare questa iniziativa. Così ancora una volta nella nostra chiesa, sempre più divisa e conflittuale, si profilano accuse e contrapposizioni che segnano con la diffidenza ogni iniziativa e la rendono occasione per una negazione di chi, lungi dall’avere un’altra fede, semplicemente appare con diversità di stile, di toni, di atteggiamenti pastorali.
In verità il “cammino” di Assisi è divenuto possibile a partire dal concilio Vaticano II che ha inaugurato un nuovo sguardo sulle religioni, ma è un percorso coerente con lo spirito del Vangelo e della grande tradizione della chiesa. Fin dai primi secoli, i padri della chiesa parlavano di “semina Verbi”, cioè della presenza di “semi della parola di Dio”, di “germi dello Spirito santo” nelle altre religioni, a partire da quella pagana greco-romana. Verità mai smentite che hanno condotto Paolo VI a constatare che “le religioni hanno insegnato a pregare a generazioni di persone” (Evangeli nuntiandi 53), mentre Giovanni Paolo II diceva: “Noi possiamo ritenere che ogni preghiera autentica è suscitata dallo Spirito santo che è misteriosamente presente nel cuore di tutti gli uomini” (Discorso alla Curia romana, 1986). 
Ma a quali condizioni è possibile la preghiera con membri di altre religioni? Oggi, grazie alle abbondanti e accurate riflessioni su questo tema degli ultimi decenni, possiamo affermare che è possibile una “preghiera multireligiosa”, cioè una preghiera in cui persone di diversa religione pregano le une dopo le altre, in successione, in modo che gli altri assistono alla preghiera, così come è possibile una preghiera simultanea fatta in luoghi diversi. Questo, non altro, è quanto avvenne ad Assisi nel 1996 e nel 2002: e sarebbe bene che si smettesse di raccontare leggende su fatti mai documentati perché mai accaduti eppure costantemente evocati per accusare Giovanni Paolo II e l’iniziativa di Assisi! Una preghiera “comune”, nel senso di una celebrazione condivisa di riti partecipati da tutti i membri di religioni diverse non è possibile e sarebbe semplicemente un ibrido, un sincretismo che non giova a nessuna delle tradizioni religiose. Su questo bisogna essere molto chiari, non solo per non destare nel popolo cristiano visioni di relativismo e di sincretismo religioso, ma per la stessa verità del culto cristiano che non può essere manomessa o attenuata.
La preghiera simultanea multireligiosa è possibile, la preghiera interreligiosa congiunta o integrativa appare oggi impossibile: se si partecipa a formule o riti di preghiere altrui si tradisce la verità della propria preghiera, se si elaborano riti o preghiere comuni, accettabili da tutti si rischia di non riconoscere più la propria preghiera perché “lex orandi, lex credendi”: la preghiera è eloquenza della propria fede. Una preghiera comune tra cristiani che confessano la fede espressa nel Credo apostolico è sempre possibile e auspicabile, così come è possibile – seppure con limiti ben precisi – una preghiera comune tra cristiani ed ebrei, se questa si indirizza a Dio confessato come Creatore del cielo e della terra e formula domande di intercessione per l’umanità: con gli ebrei, infatti, si ha la confessione dello stesso Dio, ma non della stessa fede nella realtà di Dio. Quanto poi all’islam, non è possibile una preghiera comune che  sia qualcosa di più di un silenzio adorante vissuto gli uni accanto agli altri: se la preghiera è eloquenza della fede, allora il riferimento a Gesù o a Muhammad è tale che uno esclude l’altro. Ma insieme, in un silenzio adorante si può tutt’al più confessare che Dio è grande, misericordioso e compassionevole.
Con le altre religioni non c’è possibilità di preghiera comune: si può solo essere presenti l’uno alla preghiera dell’altro, anche se dalle preghiere degli altri può giungere un esempio, una parola, un gesto portatore di un raggio di luce per chiunque. Dio conosce i suoi, Dio conosce chi cerca il suo volto: lui certo vede e crea una comunione che noi non possiamo né misurare né riconoscere. Tuttavia, come ricordava Giovanni Paolo II nel discorso alla Curia romana nel 1986, la coscienza ci dice che “per l’umanità c’è un solo disegno di Dio, una sola origine, un solo fine ... perché le differenze tra esseri umani sono meno importanti della loro unità, la quale è radicale, fondamentale e determinate”.

Enzo Bianchi
Fonte: MonasterodiBose
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