31 marzo 2013 Pasqua di Resurrezione
Il sole accarezza la bianca
pietra della città vecchia; dalla grande finestra della mia camera vedo il
brulicare delle persone che iniziano la giornata lavorativa dopo la pausa
festiva infrasettimanale.
Centinaia di vite, di storie, di persone, di dolori, di
speranze.
Un coacervo di razze e di religioni, di provenienze e di
opinioni.
No, non è difficile immaginarsi come sono andate le cose quella
mattina di aprile, qui a Gerusalemme.
The end
La vicenda Nazareno si è chiusa
brutalmente in mezzo all’indifferenza della gente.
L’idea del Sinedrio è
stata giusta: arrestare il Rabbì di notte, fuori dalla città e condurlo davanti
al consiglio del Sinedrio, radunato in tutta fretta, per comunicargli la
sentenza del processo svolto nelle settimane precedenti, come prescrive la
Legge. Il determinato Anna aveva ragione: la gente è troppo presa dalle
festività di Pesah per accorgersi di ciò che sta per succedere. Solo
l’odiatissimo Pilato, giunto nella città trasbordante di oltre centomila
pellegrini per sovrintendere alla sicurezza, ha rischiato di mandare tutto
all’aria, giocando coi Sommi sacerdoti come fa il gatto col topo. Ma solo il
romano può condannare a morte il bestemmiatore: Roma si è riservata lo ius
gladii e l’impostore va crocefisso perché tutti sappiano che è il
maledetto. I suoi discepoli non faranno certo res istenza e la vicenda sarà
dimenticata in pochi giorni.
Tutto sembra risolto: la gente comincia a
portare le mercanzie e a piazzarsi nelle strada della città, commentando la
buona riuscita della festa e vendendo qualche prodotto ai pellegrini che si
preparano a rientrare. Pochi parlano di quello che è successo.
Nessuno nota
quei due che sembrano avere una gran fretta dirigendosi verso il quartiere
esseno, sulla collina di Sion, a ovest della città.
Non è qui
Tutto è iniziato da quella corsa.
Quella
tomba vuota, ultimo drammatico regalo fatto a Gesù da parte del discepolo
Giuseppe di Arimatea, ricco e potente, che non aveva potuto salvare dalla morte
il suo Maestro, è rimasta lì, vuota, muta testimone della resurrezione.
Adriano, l’imperatore, dopo la distruzione del tempio nel 72 l’aveva fatta
riempire di terra, ed era diventata, insieme alla cava in disuso, il terrapieno
che sosteneva – ironia della sorte – il tempio pagano di Giove.
Aelia
Capitolina, era stata ribattezzata la ribelle Gerusalemme, e, col nuovo
assetto urbano da città romana, l’imperatore voleva spazzare via ogni memoria
dei giudei e delle loro incomprensibili dispute. Tre secoli dopo la tomba fu
riportata alla luce dalla devota regina Elena, madre del primo imperatore
cristiano Costantino.
La tomba è ancora lì: vi hanno costruito sopra
un’immensa basilica, è stata ogget to di pellegrinaggio per un millennio e
mezzo, tentarono di distruggerla, pezzo per pezzo, a causa della furia di un
sultano, Akim il folle, che – evidentemente – non conosceva il Corano.
Ora è
ricoperta di marmi, la tomba, divisa e contesa (fragilità degli uomini) tra
mille confessioni cristiane che ne rivendicano la proprietà, visitata ogni
giorno da migliaia di pellegrini devoti o distratti. Poco importa.
È lì,
quella tomba, esattamente lì dove la trovarono Pietro e Giovanni.
Ed è
ancora vuota.
Egli è risorto
Tutta la nostra fede è basata sull’assenza
di un cadavere.
La morte è stata sconfitta.
Il Dio nudo, appeso, osteso,
evidente, il Dio sconfitto e straziato, il Dio deposto sulla fredda pietra non è
più qui, è risorto.
Risorto. Non rianimato, non ripresosi, non vivo nel
nostro ricordo e amenità consolatorie di questo genere. Gesù è il per sempre
presente.
È qui.
Non corriamo dietro a favole o a illusioni ma ad una
presenza che raggiunge ohni uomo.
Una presenza sottile, nuova, intensa che
solo l’anima può cogliere.
Da duemila anni Pietro e Giovanni e gli altri
continuano a raccontare la notizia: Gesù è risorto.
Con loro anche Francesco
Papa.
Abbiamo invocato lo Spirito e lo Spirito ci ha ascoltato.
Pietro, il
vescovo di Roma, ha conquistato il cuore di tutti in un attimo.
Con rispetto
per le abitudini storiche ma determinato a puntare la barra della barca nella
giusta direzione. E ricordando a tutti che non è il Papa il cuore della Chiesa,
ma Cristo.
E Cristo oggi celebriamo risorto, insieme a Francesco, ricolmi di
stupore e di gioia, increduli nel credere ancora nell’incredibile.