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Massimo Cacciari "Il mondo incapace di evitare l’orrore e la strada in salita del nuovo Pontefice"

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Leone XIV ha compreso che senza una potenza anche spirituale un nuovo ordine internazionale è impossibile.

L'interesse per la Chiesa cattolica sembra accendersi, nell'opinione pubblica, soltanto per l'elezione di un pontefice o per occasionali vicende. Se ne ascolta, al più, la voce come una tra tante. Il carattere straordinario della sua storia e dell'auctoritas che ne deriva, anche quando lo si riconosce, non esercita più che una vaga influenza. Mai come nel disordine globale che attraversiamo ciò è risultato drammaticamente chiaro, quando gli arconti di questo mondo non solo continuano a ignorare le parole provenienti da Roma, ma possono giungere anche a respingerle apertamente o addirittura a deriderle. Questo è forse uno tra i segni più rilevanti che la grande ondata della civilizzazione occidentale è giunta al suo compimento. I poteri politici si illudono, forti della loro ignoranza, che la questione riguardi soltanto la Chiesa e la sua crisi a causa dei processi di secolarizzazione. In realtà viviamo la decadenza di tutto un mondo, inconcepibile senza la presenza della stessa Chiesa. 

Le forme del Politico che la modernità occidentale è andata assumendo si intrecciano con la Chiesa di Roma in quanto anch'essa, per una sua dimensione, è grande forma politica. Quella complicata macchina che è stata l'Europa "all'assalto" del mondo (così si esprimeva un grande filosofo, Hegel, vissuto nel pieno di questo assalto) non dovette soltanto, per affermare la propria egemonia globale, apprendere dalla Chiesa fondamentali principi di organizzazione, di efficienza, di formazione di élite dirigenti, di competenza tecnico-amministrativa, ma si temprò nel confronto, che fu anche lotta, con quest'ultima, con l'autorità che essa continuava a detenere. È stato un grandioso, secolare duellum, grazie al quale entrambi i contendenti hanno costruito i pilastri della propria autonomia. Autonomia non astratta, ma che valeva anche come riconoscimento del valore e del "dominio" specifico dell'altro. 

Che sta accadendo? Un fenomeno culturalmente, direi antropologicamente, altrettanto epocale di altri che hanno formato la nostra storia: entrambe le Autorità, quella politica e quella religiosa, sembrano non poter resistere all'assalto della nuova religione, la religione dell'essere al lavoro, ininterrottamente, al servizio del sistema tecnico-economico-finanziario, dell'essere sempre "in debito" nei suoi confronti. La religione già denunciata da Leone XIII: ubi pecunia, ibi patria. La formidabile ondata del Politico occidentale e della Chiesa di Roma, nel loro convergente dissidio, sembra frangersi per entrambi contro l'affermazione di questo Potere e nella risacca non restano che frammenti e memorie. 

Il cattivo senso comune ritiene che le vicende della Chiesa riguardino solo i credenti o sedicenti tali. 
Coloro che pensano, credenti o no, sanno invece che l'Europa tutta era una terra cristiana. 
Essenzialmente questo ha fatto delle sue stesse guerre una sola grande guerra civile. Vi era una Madre comune. In qualche modo a lei era possibile riferirsi e su di lei riporre un fondamento per la nostra speranza di pace. La cattolicità della Chiesa non si accompagnava soltanto all'impeto universale della civilizzazione (cioè all'idea che la nostra fosse la civiltà) – essa nutriva anche questa speranza: che riconoscendo la propria radice cristiana i Paesi europei potessero con più energia e più convinzione trovare le ragioni della loro unità. 

La logica dell'ordinamento statuale potrebbe mai conseguirla? La forma stessa dello Stato non denuncia una insufficienza radicale nel superare i conflitti che oppongono un Paese all'altro? Oggi, certo, non si tratta di conflitti per l'egemonia globale. L'Occidente europeo è tramontato da più di un secolo. Ma l'Occidente americano, generato dall'europeo, si mostra forse in grado di raggiungere un nuovo equilibrio internazionale? E tra le dimensioni dell'Europa che fu terra cristiana, non solo e sanguinosamente tra Europa occidentale e "Oriente" russo, ma anche tra Mittelueropa e Europa latina, mediterranea, riesplodono le divisioni. 

Dovrebbe risultare chiaro ai pensanti: senza un orientamento culturale comune, senza una potenza spirituale che animi dall'interno quella politica, non sarà mai possibile fondare un nuovo ordine internazionale. Sarà possibile solo lasciar fare, laissez faire, al "progresso" tecnico-economico e illudersi che le sue mani invisibili sappiano evitare catastrofi ancora peggiori di quelle che viviamo. 

La Chiesa dispone di una Parola per indicare quella potenza spirituale, per quanto tante volte nella sua storia millenaria l'abbia dimenticata o tradita. E coloro che hanno studiato e compreso i limiti degli ordinamenti statuali dell'Occidente e della stessa idea di democrazia l'hanno in vario modo ripetuta. È fratellanza. Dimentica questo principio e libertà contraddirà uguaglianza; cancellalo dall'orizzonte del tuo agire, libertà correrà sempre il rischio di significare la volontà di affermarsi dell'uno contro l'altro. E uguaglianza si ridurrà ad astratto, formale dover essere. 

Se questa Parola non solo non viene più ascoltata dai popoli dell'Occidente, ma le è negata ormai in linea di principio ogni incidenza nella sua dimensione politica, lo sradicamento dalla cristianità farà tutt'uno con l'impotenza a dare una risposta ai conflitti internazionali, perfino a raggiungere momentanei armistizi. Fratellanza può trovarsi, al più, solo all'interno della stessa gente, abitante sulla stessa terra, barbari gli altri - così si pensa; siamo fratelli soltanto perché abbiamo comuni nemici da odiare. Una fratellanza che esclude solidarietà e universalità, testimonianza drammatica che l'Europa non è più terra cristiana - ma neppure la terra dei principi illuministici, tra i quali, non a caso, si comprendeva bene che quello di fratellanza era insostituibile al fine di realizzare una vera comunità. 

Gli ultimi Papi stanno difronte a questo dramma, che coinvolge l'anima europea in tutti i suoi aspetti. Translatio di San Pietro in altre parti del mondo? Forse per la Chiesa sarà questa la salvezza. Salvezza che suonerà però anche rinuncia alla possibilità di un'Europa che si converta a essere concreto fattore di pace, capace di indicare un suo piano per la soluzione delle tragedie in atto e una sua strategia di rifondazione del diritto internazionale. La Chiesa può rinunciare a predicare una tale conversione della politica europea? L'Europa può essere ancora Europa sradicata dal suo essere cristiana? Domande assolutamente complementari. Volesse il cielo se le ponessero i nostri leader politici come di certo se le porrà Leone XIV.


Fonte: La Stampa


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