Rosanna Virgili: Abigail, la donna “assennata” che fu moglie di Davide
«Samuele morì, e tutto Israele si radunò e fece il lamento su di lui. Lo seppellirono presso la sua casa a Rama. Davide si alzò e scese verso il deserto di Paran» (1Sam 25,1). Samuele fu un grande profeta tanto da essere messo, talvolta, accanto a Mosè, colui che diede a Israele la Legge. A lui toccò un compito affatto gravoso: quello di consacrare un re su Israele legando la sua persona all’istituzione della monarchia. Dopo Saul – che fu il primo – Dio gli disse di ungere un secondo re, che fu David, il capostipite di quella lunga teoria di messia che giunge sino a Gesù. Prima ancora che David iniziasse il suo ministero accade che Samuele muore e che il designato re resti senza il suo mentore.
Ed ecco la storia che andiamo a conoscere, dove una donna assume un ruolo davvero simile a quello del profeta. Si tratta di Abigail moglie di Nabal, pastore di Maon, un Calebita. Così la presenta l’agiografo: «La donna era assennata e di bell’aspetto, ma il marito era rude e di brutte maniere» (v.3). E fu proprio a causa della volgarità del marito che Abigail intervenne presso il futuro re David. Quest’ultimo, infatti, per mezzo dei suoi domestici, aveva “protetto” l’immenso numero delle greggi di Nabal dalla minaccia di predatori e ladri, e quando arrivò il mese della tosatura David mandò, giustamente, da lui a riscuotere il suo compenso. Ma Nabal non volle riconoscere il tributo dovuto a David; del resto era “sciocco” (nabal) di nome e di fatto!
Un gesto che, al cuore di David, risultò talmente grave da fargli decidere, in men che non si dica, di partire con un esercito di quattrocento uomini cinti di spada e andare a sterminare tutti i maschi della famiglia di Nabal. David si sarebbe, così, vendicato con un eccesso di pena, con una dismisura assoluta rispetto al delitto subito. Avrebbe violato la stessa legge del taglione che prevedeva una giustizia retributiva simmetrica: occhio per occhio dente per dente vita per vita. Quanto succede oggi con la risposta di Israele ad Hamas, nella striscia di Gaza: all’uccisione di più di mille persone si reagisce uccidendone dieci volte tante. È una vendetta che la Bibbia rigetta e imputa a Lamech, discendente di Caino il quale per una scalfittura si diceva pronto a uccidere un uomo e per la sua vita prevedeva una vendetta di settantasette vite! (cf. Gen 4,23-24).
Ma David ebbe la fortuna di incontrare Abigail, la quale «avvertita da uno dei domestici prese in fretta duecento pani, due otri di vino, cinque pecore già pronte, cinque sea di grano tostato e li caricò sugli asini e così parlò al re: “Ti prego, mio signore, sono io colpevole! Perdona la colpa della tua schiava. Certo, quando il Signore ti avrà costituito capo d’Israele, non sia d’inciampo o di rimorso al mio signore l’aver versato invano il sangue e l’essersi il mio signore fatto giustizia da sé stesso”» (vv. 14-18.24-31).
Questa donna non solo carica su di sé la colpa di suo marito salvando così tutta la sua famiglia ma previene la colpa di David che sarebbe stata ancora più grande: quella di macchiarsi di un delitto abnorme, compiendo una strage ingiustificabile nelle tende del suo nemico. David ascolta le parole di Abigail e la benedice: «Davide disse ad Abigàil: Benedetto il tuo senno e benedetta tu che sei riuscita a impedirmi oggi di giungere al sangue e di farmi giustizia da me» (vv.32-33). Peccato che i leader di oggi non abbiano l’umiltà, la fedeltà a Dio e la saggezza di David!
Tanto dovettero restare preziosi i suoi consigli che quando Abigail divenne vedova di suo marito Nabal, il re la prese in moglie. Allora «ella si alzò e disse: “Ecco, la tua schiava diventerà una serva per lavare i piedi ai servi del mio signore”» (v.41). Bisognerebbe rendere con parole diverse nella lingua italiana corrente il ruolo muliebre di Abigail, bisognerebbe evitare di usare il termine “schiava”, inaccettabile per le donne di oggi. Poiché fa torto alla dignità di Abigail, basti pensare che lavare i piedi è il gesto che fa Gesù ai suoi discepoli (cf. Gv 13,5) per dimostrare che il più grande tra loro, il vero messia, il vero salvatore è «colui che serve» (cf. Lc 22,27).
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