Enzo Bianchi "Affinché l’orrore non si ripeta"
di ENZO BIANCHI
per gentile concessione dell’autore.
Nella sapienza popolare sovente ascoltiamo: “Chi fa l’angelo fa la bestia!”. Sentenza un po’
enigmatica che vuole metterci in guardia da una certa ingenuità, un preteso angelismo che
impedisce di vedere la bestialità nel nostro quotidiano. È a causa anche di questo angelismo
dominante che nella chiesa non si supponevano così estese le piaghe della pedofilia e degli abusi
sessuali oggi confessati anche dai vescovi francesi. Così è venuta meno la visione idillica
dell’istituzione ecclesiale e questo orribile delitto ha suscitato una reazione di rigetto nei confronti
di figure e istituzioni ecclesiali che raccoglievano fiducia e gratitudine.
In verità, le debolezze e i peccati che a volte sono delitti, risultano da sempre presenti nella vita
cristiana e non basta una tonaca, un saio o un camice per essere esenti da tentazioni e cadute. Ma va
riconosciuto che sono mancati la prudenza, il discernimento, il coraggio, il senso della giustizia e
che per lungo tempo si è minimizzato e colpevolmente coperto ciò che è un delitto contro la
persona. Dopo l’indignazione e la condanna, bisogna interrogarsi sulle cause che hanno favorito il
fenomeno: l’ambiente chiuso monosessuato, la sacralizzazione della figura del prete, il clericalismo,
l’autoritarismo, la mancanza di formazione all’alterità, una devozione sovente ossessionata dal falso
mito dell’adolescenza e dell’infanzia.
Nella mia vita ho seguito in un tragitto di presa di coscienza alcuni presbiteri che avevano avuto un
comportamento pedofilo e ho ascoltato le vittime degli abusi con fatica e dolore, giungendo a
costatare che era in loro presente una patologia che li portava a devastare la vita degli altri e la
propria. Ho riconosciuto che erano malati da curare e che nella società civile erano colpevoli da
rendere inermi e rieducare con la pena prevista dalle leggi. Al tempo stesso, nella chiesa queste
persone dovevano essere dimesse dai loro compiti, ma mai abbandonate e ritenute dei peccatori sui
quali sempre invocare la misericordia.
L’espressione “tolleranza zero!” nella vita ecclesiale risulta evangelicamente insipiente e
contradditoria a quel messaggio di misericordia che papa Francesco ripete. Comunque mi rattrista
che come oggi nella chiesa si soffra e si denunci doverosamente lo scandalo della pedofilia, non si
soffra allo stesso modo per lo scandalo in Canada: migliaia di bambini indigeni strappati dalle loro
famiglie, maltrattati, fatti morire e seppelliti in fosse comuni da religiosi, suore, missionari succubi
delle politiche colonialistiche, privi di ogni umanità e dimentichi del Vangelo: in questo
comportamento non c’era patologia ma odio razziale, malvagità, esercizio di oppressione. Gli
scandali che emergono devono non solo farci sentire vergogna, non solo chiedere perdono ma
interpellarci su quel “sistema” che ha creato e permesso nella chiesa quelle atrocità, al fine di
impedire che l’orrore si ripeta ancora.